Lo guarda fisso negli occhi, scuote appena la testa e gli spiega che ha sbagliato tutto. «Devi fare un'altra apertura. Devi uscire velocemente, anzi subito, da questa condizione di incertezza». Insomma, caro Conte, se vuoi salvare il governo ti tocca fare marcia indietro e cercare di recuperare Renzi. E scordati i giochetti parlamentari. «La situazione della pandemia è allarmante», ricorda infatti il capo dello Stato, non si può pensare di governare il Paese con qualche responsabile sparso: serve una maggioranza «solida». E più che un consiglio, quella di Sergio Mattarella è una piccola lezione di politica, condensata un faccia a faccia a metà mattina. Quando esce, il premier ripete quasi parola per parola il verbo quirinalizio: «Lavorerò fino all'ultimo per rafforzare la coalizione e mi auguro che si possa siglare un patto di legislatura. Il governo deve avere basi solide, non può prendere un voto qua e uno là».
Ecco. Ma per Matteo Renzi è troppo poco e troppo tardi, le ministre di Italia Viva si dimettono e la crisi si apre anche dal punto di vista formale. La palla però non è ancora al Quirinale, dove aspettano a breve un'altra visita di Conte. Riconsegnerà il mandato? Andrà alle Camere? Chiederà tempo per cercare di ricucire, come gli suggerisce Mattarella? Non tanto, giusto qualche giorno per verificare se ci sono margini. Nonostante tutto lo spazio per una mediazione sembra esistere ancora, il Rottamatore ha rotto ma non ha rottamato la coalizione. Ha persino assicurato il voto al Recovery, allo scostamento di bilancio, ai ristori, agli altri provvedimenti per l'emergenza della pandemia. Se il presidente del Consiglio troverà il modo di andare a Canossa, Iv potrebbe trovare il modo di far sopravvivere la maggioranza, forse persino Conte. «Nessuna pregiudiziale sui nomi», giura il senatore di Firenze, e magari è un altro modo di dire «Giuseppe stai sereno».
In questo scenario fluido di una crisi dichiarata e non concretizzata, Mattarella si muoverà come al solito con prudenza e «risolutezza». La prima mossa sarà quella di stendere una rete protettiva sul Paese, cercando di assicurare, comunque vada, una presenza e una continuità sulla gestione del Covid e dell'economia. Per il Colle le turbolenze della politica interna non possono mettere a rischio l'accesso al Recovery Plan: le nostre «fragilità strutturali» sono troppo gravi, non ci possiamo7 permettere di perdere l'occasione per rilanciare l'Italia. La gente, già distante dai riti del Palazzo, non «reggerebbe». C'è il pericolo di uno scollamento sociale.
La seconda mossa, molto vecchia scuola democristiana, consiste nel far bollire i duellanti prima di tirare le fila. Di farli sfogare. Conte in realtà si era portato avanti con il lavoro, con quei tweet battaglieri contro Iv e la gran voglia di sfidare l'Aula. Pd e Grillo lo avevano già ripreso e ora, dopo il colloquio al Colle, il premier ha decisamente abbassato le penne. Si spera solo che mantenga questo atteggiamento. Quanto a Renzi, ci sarà bisogno di qualche giorno in più: per quante se ne erano dette, era impensabile che rinunciasse a ritirare la sua delegazione dall'esecutivo, perdendo la faccia. Però ha pure evitato rotture definitive.
Così Mattarella lascia decantare la situazione, sperando che «lo spirito da costruttori» si faccia vivo.
Ma solo pochi giorni, perché i problemi del Paese non aspettano. C'è una data, il 20 gennaio, quando le Camere voteranno lo scostamento di bilancio. Dopo di che, se i giallorossi non si metteranno d'accordo, il capo dello Stato troverà un'altra soluzione.
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