Il bullismo dei giornali e il razzismo alla Corte di una Regina che guida il Commonwealth. Eccole le questioni molto pubbliche e poco private scatenate dall'intervista-choc di Harry e Meghan a Oprah Winfrey. Ed ecco probabilmente la prima delusione per Sua Maestà, che con il comunicato diffuso martedì puntava a chiudere la partita con nipote e consorte, nella speranza di riportare le ostilità alla sfera familiare. «Ha perso un'occasione per condannare il razzismo», dicono le associazioni impegnate per l'uguaglianza come il thinktank Runnymede Trust. Elisabetta II, nel suo comunicato, aveva sostenuto che «le questioni sollevate, in particolare quelle sulla razza, sono preoccupanti» ma «saranno affrontate dalla famiglia privatamente». L'auspicio di Sua Maestà alla fine si è scontrato con un muro di polemiche, una questione politico-istituzionale sul futuro del Commonwealth e una frattura nella stampa britannica.
Cominciamo da qui: lo scontro fra giornali. Tutto è iniziato con una nota diffusa lunedì dalla Society of Editors - l'associazione che raggruppa i direttori di testate - e che ha definito «inaccettabile» l'accusa di Meghan di essere stata trattata con toni razzisti. Ieri è arrivato il controcanto dei direttori di The Guardian, Financial Times e HuffPost UK, convinti che la stampa inglese dovrebbe fare di più per combattere il razzismo e rappresentare la società. Roula Khalaf, britannica libanese alla guida del FT dall'anno scorso, ha invitato a lavorare «in tutti i settori del Regno Unito per denunciare e combattere il razzismo: i media hanno un ruolo cruciale da svolgere e come direttori dobbiamo garantire che le nostre redazioni e la nostra copertura riflettano la società in cui viviamo». Al coro si sono uniti 168 giornalisti di minoranze etniche, che «respingono e deplorano» la dichiarazione dei direttori in una lettera aperta, in cui assicurano che le esperienze di Meghan «riflettono la deprimente realtà» di come le persone che appartengono a minoranze etniche «sono rappresentate quotidianamente dalla stampa britannica».
Nelle stesse ore è arrivata la notizia destinata a spaccare anche l'opinione pubblica. Meghan ha presentato una protesta formale alla rete britannica Itv, dopo essere stata duramente criticata da Piers Morgan, celebre volto di «Good Morning Britain» che con le sue parole aveva scatenato 41mila reclami. L'emittente ha annunciato le dimissioni del giornalista, in odore di approdo alla nuova News UK tv di Rupert Murdoch. Lui si erge a paladino del free speech e twitta: «La libertà di espressione è una collina su cui sono felice di morire. Grazie per l'amore e per l'odio. Mi fermo per trascorrere più tempo con le mie opinioni». Ma il Regno Unito si divide: Meghan vittima o carnefice? Si può criticarla senza essere zittiti?
Come se non bastasse, c'è un altro tema e diverse altre domande, che stavolta fanno tremare il Palazzo. Può permettersi di essere in odore di razzismo la Corte di Sua Maestà Elisabetta II, capo del Commonwealth? Può la Regina considerare davvero private le domande e le preoccupazioni manifestate dall'«istituzione» sul colore della pelle del piccolo Archie, visto che è alla guida di un'organizzazione di 54 Stati indipendenti (quasi tutti un tempo parte dell'impero britannico), di cui 19 sono in Africa, con una popolazione di circa il 60-70% di colore? In molti ritengono di no. E fra questi ci sono alcune delle 16 nazioni in cui la Regina è capo di Stato. Il polverone sollevato da Harry e Meghan potrebbe contribuire a uno scisma nel Commonwealth.
A cominciare dalla Giamaica, dove da tempo l'opposizione chiede un referendum per rimuovere la Regina come capo di Stato. Passando per le Barbados, che sostengono di volersi trasformare in Repubblica e voler rimuovere Elisabetta II a novembre, con un voto del Parlamento. È l'onda lunga del Black Lives Matter. Potrebbe diventare tsunami.
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