«Un puro flusso di coscienza, slegato dalla realtà» e frutto di «grafomani europei». Nel novantesimo giorno di guerra, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, stronca il piano di pace italiano per l'Ucraina, presentato all'Onu dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio ma non ancora reso pubblico, e lo liquida come pensieri in libertà. Le dichiarazioni dell'ex presidente russo, delfino di Vladimir Putin, non lasciano speranze al progetto con cui il nostro Paese sta tentando la strada per un «cessate il fuoco in tempi rapidi», indispensabile premessa per un negoziato. Ma le parole di Medvedev, che sembrano tradire una netta e prevedibile tendenza del Cremlino, non sono quelle ufficiali della presidenza, che tramite il portavoce, Dmitry Peskov, ribadisce di non aver ancora visionato il documento: «Speriamo ci venga consegnato attraverso canali diplomatici e familiarizzeremo con esso».
Le premesse, tuttavia, sembrano pessime. Tanto che il segretario del Pd Enrico Letta parla di «doccia gelata» per l'Italia, pur elogiando l'iniziativa del governo. E il ministro Di Maio è costretto ad ammettere a fine giornata: «Oggi non ci sono le condizioni per la pace, abbiamo di fronte una guerra lunga e logorante». «L'Italia è in prima linea», serve «un'escalation diplomatica», ma il piano «è in fase embrionale - aggiunge il capo della Farnesina - La pace non si impone». E Medvedev «dimostra di non volerla».
L'ex presidente russo ha accusato il nostro Paese di sprovvedutezza, provincialismo e partigianeria: «C'è la sensazione che il piano sia stato preparato non da diplomatici ma da politologi locali, che hanno letto giornali provinciali e operano soltanto sulla base delle notizie false ucraine». Spalmato su quattro tappe - cessate il fuoco, neutralità, autonomia delle zone contese (senza contrasti con la sovranità di Kiev) e garanzie sulla sicurezza in Europa - il progetto è stato presentato il 18 maggio dal ministro Di Maio al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, stilato dalla Farnesina in coordinamento con Palazzo Chigi. Ma per il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, uno dei principali attori del putinismo, la road map sarebbe al limite del fantasioso. «Se si devono proporre iniziative di pace - ha insistito - allora dovrebbero basarsi su un approccio reale che deve rispecchiare lo stato delle cose. Un documento del genere già da tempo è stato proposto dalla Russia». Per quello italiano, invece, zero margini. Sul Donbass, sul quale Mosca sta riversando gli sforzi militari, la Russia non ammette cedimenti: «Le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk non torneranno all'Ucraina» e «le proposte per l'autonomia nel quadro dello Stato ucraino sono ovvie sciocchezze e proiezioni a buon mercato». Quanto alla Crimea: «Cercare di renderla autonoma equivale a una minaccia per la Russia» e potrebbe provocare «una guerra totale». La distanza è ancora siderale con Kiev, che tramite il capo ufficio della presidenza, Andriy Yemak, accusa Mosca di «non credere in un vero dialogo e di dettare condizioni»: «La nostra integrità territoriale non è negoziabile». Gli dà man forte Di Maio: qualsiasi decisione in tal senso «deve dipendere dall'Ucraina».
Sembra evidente che non ci siano spiragli per far tacere le armi e
per un dialogo costruttivo Mosca-Kiev, almeno non in questo momento. «La guerra finirà molto probabilmente con un tavolo di negoziati. La domanda è come e quando», spiega il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.