Meloni: "Abbiamo il dovere di sfruttare i giacimenti di gas nei nostri mari"

Nel discorso programmatico il presidente del Consiglio annuncia la volontà si triv del Governo

Meloni: "Abbiamo il dovere di sfruttare i giacimenti di gas nei nostri mari"

I nostri mari possiedono giacimenti di gas che abbiamo il dovere di sfruttare”. E’ una bomba quella detta oggi in Aula, nel discorso sulla fiducia, dal Presidente Giorgia Meloni. E’ il discorso programmatico del governo per i prossimi cinque anni, e ci dice non solo che dobbiamo tornare a estrarre gas italiano, ma che è un dovere farlo.

Una rivoluzione politica e culturale, rispetto all’ideologia no triv che l’ha fatta da padrone in questi anni governati dal populismo di ogni colore, durante i quali i pochi che avevano il coraggio di esprimersi per l’importanza dell’estrazione dai giacimenti italiani venivano accusati di essere schiavi della lobby del gas. Ma i tempi sono cambiati, e Meloni lo ha detto con coraggio: "Sono pronta a fare quello che va fatto, a costo di non essere compresa, perfino non essere rieletta, per rendere il destino di questa nazione più agevole”.

E questo comprende anche un ambientalismo pragmatico e non ideologico: “Ai giovani sta a cuore la difesa dell’ambiente naturale. Ce ne faremo carico, non c’è ecologista più convinto di un conservatore, ma a differenza dell’ambientalismo ideologico difendiamo la natura con l’uomo dentro, coniugando sostenibilita ambientale, economica e sociale” – ha detto Giorgia Meloni alla Camera – “Accompagnare cittadini e imprese verso una nuova transizione verde, questo sarà il nostro approccio. Ai ragazzi che invevitabilmente scenderanno in piazza per contestarci, dico: siate liberi, la grandezza dell’essere umano è nel libero arbitrio“.

Da qui dunque nasce la volontà di ripartire con l'estrazioni dai giacimenti italiani. E ci voleva un governo di centrodestra per farlo. Mentre Letta in campagna elettorale si diceva contrario. La produzione di idrocarburi italiani è passata dai 20 miliardi nel 2000, ai 3 di oggi. A fronte di un fabbisogno italiano di 70 miliardi di metri cubi l’anno.

Eppure ci sono almeno 90 miliardi di idrocarburi certi che non sfruttiamo. Secondo i dati del Mite al 31 dicembre 2021 in Italia sono presenti con certezza un totale di almeno 39.850 miliardi di metri cubi di gas, considerando sia quelli presenti in mare che quelli a terra. A cui vanno aggiunti altri 44.472 miliardi definiti probabili, ovvero con possibilità di estrazione che si aggira intorno al 50 percento. Esiste poi un’ulteriore quantità pari a 26.753 miliardi di metri cubi classificata con probabilità di estrazione molto al di sotto del 50 percento, quindi con un elevatissimo tasso di difficoltà tecnica di estrazione.

Ma in realtà sono molti di più, perché la ricerca è ferma a 10 anni fa. Almeno 1,8 miliardi di barili di petrolio e 350 miliardi di metri cubi di gas. Ma tutto è stato bloccato prima dalla moratoria triennale fatta dai grillini nel 2018. E poi dal Pitesai, una sorta di piano regolatore voluto dal Conte 1 e riaggiornato da Cingolani a fine 2021, piegato alla volonta di Pd e 5s, che in sostanza blocca tutte le estrazioni.

Su 123 concessioni minerarie, sono ben 108 quelle legate al gas ma oltre il 70% si trovano in aree definite, appunto, non idonee. Di queste, sono già 20 quelle revocate mentre 45 sono ancora in fase di verifica. Il blocco riguarda anche gli investimenti in nuovi pozzi: 42 titoli esplorativi, su un totale di 45 che sono stati presentati, saranno revocati, così come 37 istanze.

Giacimenti bloccati ci sono al largo della Sicilia, della Sardegna, dello Ionio. Poi ci sono quelli dell’alto adriatico bloccati in italia, ed estratti dalla Croazia. Come quelli fermati dai vari ricorsi di Michele Emiliano in Puglia, che dopo dieci anni, e cause perse, ha fatto scapare le aziende, mentre quel gas se lo prende la Grecia. Mentre l'unica a estrarre gas e petrolio dai giacimenti a terra è la Basilicata. Quindi il 70% delle risorse del gas italiane è oggettivamente bloccato non dal caso, ma da una decisione politica.

Lo stesso Cingolani dopo lo scoppio della crisi energetica ammesso che quel piano va rivisto. Anche se la soluzione non sarebbe immediata, essendo necessari almeno due anni. Ma, proprio per questo, che aspettiamo? Prima delle elezioni, a settembre 2022, Cingolani ha annunciato un decreto per raddoppiare le estrazioni dai giacimenti in funzione, portandoli fino a 6 miliardi.

Poca roba

rispetto a quello che lasciamo non sfruttato nei giacimenti italiani fermi. E che ora forse finalmente il governo Meloni, scevro da populismi e libero da condizionamenti elettorali vuole fare. E che adesso ha i numeri per fare.

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