Le forze di polizia italiane restano rigorosamente schierate lungo la linea immaginaria che delimita l'ingresso all'hotspot di Shëngjin quando il porto della cittadina albanese diventa improvvisamente teatro di uno scontro inatteso. Tutto politico, quello tra la premier Giorgia Meloni e il segretario di +Europa Riccardo Magi. Tutto fisico, invece, quello tra l'esponente radicale e la polizia albanese in borghes, che reagisce aggredendolo e spintonandolo per impedirgli di bloccare il corteo presidenziale in partenza. Le nostre forze dell'ordine non possono che assistere in silenzio, bloccate lì dove finisce la giurisdizione italiana.
La premier ha appena visitato prima il Cpr nell'ex base militare di Gjadër e poi Shëngjin, per verificare l'andamento dei lavori dei due centri dove - in base al protocollo firmato tra Roma e Tirana lo scorso 6 novembre - saranno trasferiti i migranti messi in salvo dalle navi italiane. La «consegna» era prevista per il 20 maggio, ma il Genio dell'Aeronautica militare che sta realizzando le due strutture ha incontrato difficoltà con il terreno di Gjadër, dove è stato necessario costruire delle fondamenta. Il risultato è che ad oggi è pronto solo l'hotspot di Shëngjin. Ma, spiega Meloni durante le dichiarazioni alla stampa con il presidente albanese Edi Rama, per il primo agosto le due strutture «saranno operative». «Si parte da mille posti, poi tremila», dice la premier. E costeranno all'Italia «670 milioni di euro» per i cinque anni previsti dal protocollo (destinati però a salire almeno a 850 per vari costi di gestione). A chi dall'opposizione attacca il governo per le spese che si dovranno sostenere, Meloni manda un messaggio chiaro: «Sapete quali sono le risorse che si potevano spendere in sanità e che invece non sono servite a risolvere un problema? I 17 miliardi di euro che sono andati nelle truffe del Superbonus».
La premier, ieri accompagnata dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, rivendica invece con forza il «modello Albania». «Sono convinta che alla fine funzionerà», dice. E «allora avremo inaugurato una fase nuova nella gestione del problema migratorio», perché «l'accordo potrebbe diventare una parte della soluzione strutturale dell'Ue». La cosiddetta «esternalizzazione» della gestione dell'immigrazione in Paesi terzi, d'altra parte, è uno dei punti del Manifesto del Ppe approvato a marzo nel congresso di Bucarest, mentre quindici ministri dell'Interno dell'Ue (compresa la Germania guidata dal socialista Olaf Scholz) hanno chiesto alla Commissione di adottare «nuove soluzioni» evocando proprio i protocolli tra Regno Unito e Ruanda e tra Italia e Albania.
Nelle dichiarazioni alla stampa nel cortile dell'hotspot di Shëngjin, Rama si scaglia contro i media italiani (ce l'ha soprattutto con Report) che - accusa - raccontano «mezze verità con l'intento di buttare fango sull'Albania». Il premier albanese non ha il dono della sintesi, ma il suo attacco può essere riassunto così: «Chi lo ho fatto si vergogni!». Meloni annuisce e solidarizza: «Se può consolarlo, voglio dire a Rama che il bersaglio non è lui» ma il protocollo che «abbiamo siglato».
In ultima fila ad ascoltare c'è anche Magi, che si è presentato a Shëngjin a sorpresa. Quando tutto è ormai finito e il corteo di Meloni e Rama sta lasciando l'hotspot, il segretario di +Europa si mette fisicamente davanti alle macchine e viene spintonato e aggredito dalla sicurezza albanese. «Toglietemi le mani di dosso, sono un parlamentare», si divincola più volte con piglio da giocatore di football americano. L'auto di Meloni si ferma, lei scende e parte il battibecco. «Se succede questo a un parlamentare della Repubblica davanti alle telecamere, immagino cosa succederà a quei poveri cristi», gridato Magi. «Si, poveri cristi...», risponde la premier. Che poi torna indietro e polemizza con Magi: «Ti capisco, anche io ne ho fatte di campagne elettorali stando al 3%».
A sera, ospite di Enrico Mentana al tg di La7, tornerà sulla vicenda: «Si è gettato davanti alla macchina di Rama e la sicurezza l'ha fermato come farebbero in qualsiasi nazione del mondo. Io ho fatto tante campagne elettorali, ma mai mi sarei sognata di fare una piazzata quando il premier italiano era impegnato con un suo omologo».
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