Non è Elon Musk contro Marck Zuckerberg in una location gladiatoria ma un incontro per comprendere come aiutare i lavoratori meno tutelati. Eppure Elly Schlein alza i toni persino prima di entrare a Palazzo Chigi alle 17.00. «Li abbiamo costretti a guardare in faccia tre milioni e mezzo di lavoratori poveri», afferma la segretaria del Pd, partito che ha guidato qualche governo, e non ha mai affrontato il tema. Giorgia Meloni, la premier che invece vuole sciogliere i nodi sul lavoro, arriva in capitale in aereo, sul Brindisi-Roma, dove incontra anche Nicola Fratoianni. Si entra a Chigi. Per il governo, c'è la presidente del Consiglio, i sottosegretari Fazzolari e Mantovano, i vicepremier Tajani e Salvini (in video) e il ministro del Lavoro Calderone. Per l'opposizione, c'è tutto il «campo largo», e quindi la Schlein, Conte, Calenda, Bonelli, Magi, proprio Fratoianni, più un esperto del settore per ogni partito della minoranza che siede in Parlamento.
Nelle anticipazioni che preludono al summit, spunta la partecipazione agli utili dei lavori, una battaglia storica della destra italiana. Carlo Fidanza, europarlamentare Fdi-Ecr, la rilancia. Walter Rizzetto, presidente della commissione Lavoro, ci racconta di aver firmato la proposta Cisl in materia. E anche Renzi, il grande assente del fronte delle opposizioni, concorda sulla bontà della misura. Di disegni unificati del resto ne esistono. Un altro fronte che chiude a sinistra e allarga al centro la partita.
E ci sarebbe anche il modello tedesco a mo' di esempio. Ma per ora la misura resta nel paniere delle suggestioni. Il tavolo intanto procede: la Meloni introduce, poi tocca a tutto il centrosinistra, in rigoroso ordine alfabetico. E la Schlein è l'ultima. La leader di Fdi non vuole il salario minimo con la quota fissa di 9 euro. Rizzetto ci spiega che il timore è anche che i datoriali si tirino fuori da qualunque contrattazione preveda una cifra più alta. E poi c'è tutta una fascia di lavoratori, circa 800mila, che non sono proprio coperti da contratto collettivo. Il che è reputato un'urgenza. La sinistra ha insistito sui 9 euro, con la proposta Conte controfirmata da tutti, Azione compresa. Dall'esterno del palazzo, l'ex ministro Cesare Damiano parla di «sasso nello stagno». Ma è un fatto che è il centrodestra a cercare una soluzione. Verso la fine, Pd e compagni fanno sapere che «ognuno mantiene la propria posizione». E che la maggioranza dovrebbe «leggere bene la nostra proposta». Non è un nulla di fatto, semmai un «no» a una mozione anelastica su cui il governo ha seri dubbi. Il primo a uscire è Riccardo Magi, di + Europa: «Nulla di nuovo». Tommaso Foti, capogruppo di Fdi alla Camera, attacca la Schlein e la colloca «nel Paese delle meraviglie». Nicola Fratoianni sottolinea come le opposizioni non avanzeranno una «proposta alternativa». Carlo Calenda, a sorpresa, plaude all'approccio dell'esecutivo. «La proposta Meloni è su un dialogo più ampio, non ci sottraiamo». La maggioranza inizia a ribattere con Salvini che definisce le opposizioni «ideologiche». «Noi andiamo avanti per alzare stipendi e pensioni e per aprire cantieri». La Schlein esce da Chigi e controreplica: «Il governo non ha né idee chiare né proposte». «Aspettiamo il governo in Parlamento», aggiunge. E poi insiste sul caso De Angelis e sui ristori emiliani. Per Conte, la Meloni «ha buttato la palla in tribuna». Ma inizia a trapelare che la premier ha promesso una legge di Bilancio centrata su lavoro e famiglie. Tajani è diretto: «Lavoriamo per dare agli italiani degli stipendi più ricchi». L'ultima parola della giornata spetta alla premier: «Ho proposto un confronto anche col Cnel» che arrivi «prima della legge di bilancio anche in tempo per avere le coperture per i finanziamenti.
Il lavoro povero non viene risolto col semplice salario minimo». Nessuna controproposta per un «segnale di rispetto». «Se pensiamo di dare una risposta semplice a un tema complesso rischiamo di creare più danni di quelli che vogliamo risolvere», ha chiosato.
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