Meloni alla Cop27 Disgelo con Al Sisi su energia, migranti e 24 caccia italiani

Il debutto della presidente del Consiglio Giorgia Meloni a un vertice internazionale coincide con il primo faccia a faccia tra un premier italiano e il presidente egiziano Al Sisi dal lontano 2017

Meloni alla Cop27 Disgelo con Al Sisi su energia, migranti e 24 caccia italiani

Il debutto della presidente del Consiglio Giorgia Meloni a un vertice internazionale coincide con il primo faccia a faccia tra un premier italiano e il presidente egiziano Al Sisi dal lontano 2017 (ad eccezione di una missione del 2020 di Giuseppe Conte, circoscritta però al dossier libico). Non proprio un dettaglio, considerando che i rapporti diplomatici tra Roma e Il Cairo sono ai minimi termini ormai dal febbraio del 2016, quando il corpo di Giulio Regeni venne ritrovato senza vita in una strada della capitale egiziana. Così, nonostante il bilaterale con il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, quello con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, o il faccia a faccia con il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, la trasferta a Sharm El Sheikh per la Conferenza sul clima Cop27 è soprattutto il giorno della distensione tra la diplomazia italiana e quella egiziana.

Un disgelo che punta a riallacciare il filo del dialogo su tre dossier considerati decisivi: energia, immigrazione e forniture militari. Su quest'ultimo fronte, infatti, sono ormai tre anni che Leonardo è in trattative con l'Egitto per la vendita di 24 caccia da combattimento Eurofighter. Una commessa da almeno 3 miliardi di euro (di cui il 60% destinati all'ex Finmeccanica) bloccata a causa della crisi diplomatica tra Roma e Il Cairo che ha seguito prima la tragica morte di Regeni e poi la detenzione di Patrick Zaki. Tensione che ha portato alla sospensione dei rapporti tra il Parlamento italiano e quello egiziano, una linea intrapresa dall'ex presidente Roberto Fico e che il suo successore, Lorenzo Fontana, dovrà presto decidere se confermare o no. Il bilaterale tra Meloni è Al Sisi dura un'ora e un quarto. E a darne notizia è proprio il portavoce del presidente egiziano, prossimo ambasciatore d'Egitto a Roma, Bassam Radi. Per Il Cairo, d'altra parte, il solo fatto di aver ottenuto l'incontro è un successo. Mentre per Roma la partita è certamente di più difficile gestione, tanto che - nel comunicato in cui si dà conto del faccia a faccia - Palazzo Chigi sente l'esigenza di mettere le mani avanti: «Nel quadro degli incontri bilaterali a margine del vertice di Sharm El Sheikh, il presidente del Consiglio Meloni ha incontrato anche il padrone di casa, il presidente della Repubblica d'Egitto, Abdel Fattah Al Sisi». Inutile dire che quell'anche è la certificazione di tutti i timori della diplomazia italiana. Perché non passa inosservato il fatto che - dopo cinque anni di grande gelo - la normalizzazione ha il suo costo. Tanto che il riferimento a Regeni e Zaki finisce nelle ultime righe del comunicato del governo italiano. «L'incontro - si legge nella nota di Palazzo Chigi - ha dato occasione al presidente Meloni di sollevare il tema del rispetto dei diritti umani e di sottolineare la forte attenzione dell'Italia sui casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki». Poi, certo, è vero che Meloni sceglie per il faccia a faccia con Al Sisi un contesto multilaterale dove l'Egitto è padrone di casa e, dunque, sarebbe stato evidentemente uno sgarbo rifiutare un incontro bilaterale. E questo, filtra da Palazzo Chigi, non significa che ora Roma non attenda dall'Egitto un qualche segnale proprio sulle due vicende che hanno contribuito in questi anni a incrinare i rapporti.

La ripresa del dialogo tra i due Paesi, però, passa anche per il dossier energia. Si ragiona su possibili sinergie sul fronte delle rinnovabili, solare ed eolico in particolare. Ma si guarda anche al gasdotto che da Israele arriva fino all'Egitto, perché quel metano potrebbe essere trasportato via nave in Italia. Oltre ai temi dell'ambiente, dell'energia e dell'immigrazione, sullo sfondo c'è sempre il conflitto in Ucraina e la conseguente crisi alimentare che colpisce soprattutto i Paesi più vulnerabili e specialmente l'Africa. Infine, la questione delle forniture militari. Perché l'intenzione del governo italiano è quella di distinguere i rapporti commerciali dalla questione dei diritti umani. In ballo c'è una commessa da almeno 3 miliardi di euro.

E se non sarà Leonardo a chiudere il contratto per i 24 Eurofighter, ragionano al ministero della Difesa, finirà che la commessa andrà di nuovo alla Francia. Come accaduto nel maggio 2021, quando Emmanuel Macron non ha avuto remore a sottoscrivere un accordo con l'Egitto per la vendita di 30 jet da combattimento Dassault per un totale di 3,75 miliardi di euro.

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