E no, sbotta Giorgia, non ci meritiamo proprio certe accuse, non siamo noi i reticenti e nemmeno gli «ambigui». Anzi, è stato «il nostro governo» a cominciare ad spalancare le finestre, a far entrare aria nuova «perché si giunga alla verità su Bologna». Ma, dice la premier (foto) «la strada per arrivarci, alla verità di questa e delle altre stragi che hanno segnato l'Italia nel dopoguerra, passa pure nel mettere a disposizione della ricerca storica il più ampio patrimonio documentale e informativo possibile». Insomma, se cercate chi nasconde, spiega la Meloni, se volete sapere chi ha interesse a coprire, guardate altrove. Noi abbiamo aperto le buste segrete.
Palazzo Chigi, per la prima volta nelle mani di una donna di destra, si sente quindi a posto dal punto di vista formale e sostanziale e niente affatto turbato dalle polemiche politiche. «Questo esecutivo, fin dal suo insediamento, ha accelerato e facilitato il versamento degli atti declassificati all'Archivio centrale dello Stato e li ha resi più agevolmente consultabili, completando quella desecretazione che era stata avviata dai governi precedenti».
Poi certo, questa non è una data qualunque. «Il due agosto 1980 - dice ancora la premier - il terrorismo ha sferrato all'Italia e al suo popolo uno dei suoi colpi più feroci. Sono trascorsi 43 anni ma, nel cuore e nella coscienza della nazione, suona ancora con tutta la sua forza di violenza quella terribile esplosione, che disintegrò la stazione di Bologna, uccise 85 persone e ne ferì oltre duecento». Un massacro che ha condizionato la nostra storia. Palazzo Chigi, assicura la Meloni, non smetterà di impegnarsi per far emergere tutto il nascosto. «Nel giorno dell'anniversario rivolgo ai famigliari il mio primo pensiero». A loro va «vicinanza e affetto» e anche «il più sentito ringraziamento per la tenacia e la determinazione che hanno messo al servizio della ricerca della verità», attraverso «le associazioni che li rappresentano e che sono in costante contatto con la presidenza del Consiglio».
E pure Ignazio La Russa a Palazzo Madama parla dell'importanza di aprire i dossier. «Abbiamo un impegno di conoscenza che dobbiamo rispettare nei confronti delle vittime del terrorismo, in relazione al quale ritengo fondamentale proseguire nell'opera di desecretazione degli atti delle commissioni parlamentari d'inchiesta che hanno indagato su molte tragiche pagine del nostro passato». Basta con i buchi, con le zone oscure. «Bisogna rimuovere ogni dubbio, ogni ombra, ogni interrogativo ancora aperto. Ne va della credibilità delle istituzioni repubblicane». Il presidente del Senato ringrazia i parenti e le associazioni per «le sollecitazioni» e lo stimolo continuo alle istituzioni. «Tramandare la memoria significa non far venire mai meno l'amore per quei valori di libertà e di democrazia che sono scolpiti nella nostra Costituzione. Il ricordo è il collante della nostra identità». E a Montecitorio anche il presidente della Camera Lorenzo Fontana invita a vuotare i cassetti per accertare la verità.
Operazione finestra, governo che si dichiara «impegnato». Ma, comunque sia, «Bologna è tuttora una ferita aperta», come sostiene il Guardasigilli Carlo Nordio, e solo «una verità senza zone d'ombra può portare a un'autentica giustizia, una verità completa che la Repubblica riconosce come proprio dovere». Le sentenze hanno accertato responsabilità e matrici, aggiunge il ministro dell'interno Matteo Piantedosi, e «da parte nostra c'è una condivisione senza riserve che non ammette oblio». Però resta ancora parecchio da capire sul piano «delle complicità» anche ad altri livelli e «i risultati non esauriscono ma incoraggiano le istituzioni ad andare avanti». Antonio Tajani chiede di non alzare polemiche «quando si parla di morti».
Il due agosto 1980 «ha segnato profondamente il nostro Paese», spiega il ministro degli Esteri, «ora difendiamo la libertà e la democrazia perché ancora oggi abbiamo troppe ombre, verità mancate, coperture da individuare». In questo quadro fa bene il governo a togliere i segreti e a consegnare le carte, «è un'operazione fondamentale».
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