Dai governi Pd a Conte tutti "amici" delle milizie

L’Italia ha sempre avuto ottimi rapporti con "Rada", la polizia speciale guidata da Almasri. I precedenti

Dai governi Pd a Conte tutti "amici" delle milizie
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Adesso fanno tutti le verginelle e si scatenano a spada tratta contro il governo per il caso Almasri accusato dalla Corte penale internazionale di gravi crimini. Negli strali per averlo rimandato in Libia si distinguono gli ex presidenti del Consiglio, Matteo Renzi, Giuseppe Conte ed i vertici del Pd. Peccato che l'Italia ha sempre avuto buoni, se non ottimi rapporti con gli uomini di Almasri, il numero due di Rada, la Forza di deterrenza, una milizia libica salafita, oramai istituzionalizzata come polizia governativa speciale di Tripoli.

Nel 2016, ai tempi del tragico sequestro di quattro tecnici italiani detenuti a Sabrata finito con la morte di Fausto Piano e Salvatore Failla e la liberazione degli altri due, gli uomini di Rada arrestarono terroristi e familiari della cellula dell'Isis di Sabrata coinvolti nel rapimento. Il governo Renzi, quando era ancora a capo del Pd, negò che erano stati sequestrati dallo Stato islamico, ma la città costiera con le vestigia romane era in mano al Califfato. «Abbiamo tutte le informazioni sul rapimento dei quattro tecnici italiani tenuti in ostaggio a Sabrata per otto mesi grazie all'interrogatorio di due sorelle e di alcuni tunisini dell'Isis coinvolti nel sequestro. I corpi dei complici, che sono rimasti uccisi e abbiamo identificato, li teniamo nelle celle frigorifere» spiegava nel 2016 il portavoce di Rada, Ben Salem. Una delle donne dell'Isis, Rahma Chikhaoui, aveva sposato Noureddine Chouchane, l'emiro tunisino dello Stato islamico a Sabrata, che prima della guerra santa in Libia aveva vissuto per lungo tempo in Italia.

Gli uomini di Rada, in pratica, avevano fatto il lavoro sporco per noi e annunciavano di essere «pronti a collaborare con l'Italia fornendo le informazioni in nostro possesso». L'inizio di buoni rapporti, proseguiti con tutti i governi fino all'attuale, che ha rimandato Almasri a Tripoli, formalmente per cavilli e pasticci giudiziari vari, ma in realtà per ragion di Stato.

Il 21 gennaio 2017 con il nuovo governo Gentiloni, esponente di spicco del Pd, un attentatore kamikaze aveva tentato di farsi saltare in aria con una macchina minata vicino all'ambasciata italiana a Tripoli. A difendere l'area e garantire il perimetro di sicurezza esterno era arrivata subito la Forza di deterrenza di Almasri.

Conte, che a Palazzo Chigi aveva mantenuto la delega per i servizi segreti, avrebbe dovuto sapere chi controllava totalmente allora, come oggi, l'aeroporto di Mitiga. Nell'unico scalo aperto, dentro la capitale, era atterrato con un Falcon di Stato, lo stesso tipo di aereo che ha riportato a casa Almasri, il 23 gennaio 2019 per incontrare il Presidente del Consiglio Presidenziale, Fayez Al Serraj, spalleggiato e protetto da Rada.

I «poliziotti speciali» di Almasri garantivano la sicurezza dello scalo e degli aerei presenti compreso quello italiano di Stato utilizzato da Conte. Non solo: nel contiguo carcere di Mitiga, dove Almasri si è macchiato di terribili violenze, era detenuto Giulio Lolli un avventuriero italiano. L'unico connazionale che ha pure denunciato agli investigatori della Corte penale internazionale le nefandezze di Almasri vissute sulle sua pelle e le violenze sugli altri prigionieri. L'ambasciata, i servizi erano a perfetta conoscenza del caso Lolli. Il presidente del Consiglio Conte, che controllava direttamente l'intelligence, non sapeva nulla di Mitiga e del carcere di Almasri a pochi passi da dove era atterrato? Difficile da credere, ma oggi fa la verginella come Renzi.

Lam Magok Biel Ruei, sud sudanese che ospitiamo in Italia, ha denunciato il governo con un esposto alla magistratura per avere rimandato a casa Almasri.

La sua drammatica testimonianza sulle nefandezze del numero due di Rada riguarda i terribili nove mesi passati nei centri di detenzione di Tripoli fra il 2019 e 2020. Anche allora al governo c'era Conte, ma la responsabile della lunga storia dei rapporti scabrosi con personaggi libici poco raccomandabili sembra solo Giorgia Meloni.

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