Nel primo pomeriggio, quando ancora manca qualche ora all'inizio del vertice di maggioranza sulla legge di Bilancio in programma per le 18.30 a Palazzo Chigi, nei primi capannelli post-vacanze di un Transatlantico di nuovo affollato è piuttosto chiaro che la linea di Giorgia Meloni non è cambiata di una virgola. Tra i parlamentari di Fratelli d'Italia, infatti, rimbalza via whatsapp l'analisi di Bloomberg secondo cui nel 2023, considerando i dati del Superbonus, il deficit italiano potrebbe scavallare i 4,5% del Pil indicato nel Def ed essere «molto più ampio», quasi certamente «vicino al 5%». Insomma, come già argomentato dalla premier a fine agosto nel primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva, le risorse saranno necessariamente limitate, i vincoli di spesa severi e bisognerà fare «scelte politiche improntate al rigore» e «all'equilibrio di bilancio». D'altra parte, spiega un'autorevole esponente di Fdi, «oggi lo conferma anche Bloomberg». Non solo la necessità di un approccio che guardi all'austerity, ma anche il fatto che i conti italiani sarebbero stati compromessi dal Superbonus introdotto dal governo guidato da Giuseppe Conte (e poi prorogato da Mario Draghi). Un punto, questo, su cui di lì a poco sarebbe tornata - e con una certa nettezza - anche Meloni.
È in questo clima che nel tardo pomeriggio si riuniscono la presidente del Consiglio, i due vicepremier (Matteo Salvini e Antonio Tajani), il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari e i capigruppo della maggioranza per fare il punto sulla manovra. Manca invece all'appello il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti («non doveva venire, le stime macro-economiche ancora non ci sono e arriveranno fra dieci giorni», spiega ai presenti la premier). L'obiettivo dell'incontro è «ribadire la compattezza della coalizione» di governo in vista di quello che, fonti di Palazzo Chigi, prevedono come «un anno complesso» ma che «la maggioranza è pronta ad affrontare con determinazione e serietà».
Insomma, come spiegava qualche ora prima in Transatlantico il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani (anche lui al vertice di Chigi) è «una riunione un po' di cortesia e un po' no». Nel senso che oltre a fare il punto sui saldi (ma si attendono ancora i dati Istat per la Nota di aggiornamento al Def che va presentata alle Camere entro il 27 settembre), la premier vuole ribadire che i margini di movimento sui conti sono più che ristretti. Colpa soprattutto del Superbonus che, ribadisce davanti ai presenti, ci ha «mangiato la manovra di quest'anno».
La legge di Bilancio, insomma, non potrà che essere di tenuta, non certo espansiva come auspicano gli alleati. E questa volta - è l'auspicio della presidente del Consiglio - bisogna «evitare emendamenti dell'ultimo minuto» ma «coordinarsi fin da ora». Insomma, «se ci sono proposte o richieste parliamone», ma «facciamolo adesso» e non a Natale. Perché - evidentemente e come accade ormai da molti anni ad ogni legge di Bilancio - il rischio è di arrivare alla deadline del 31 dicembre con l'acqua alla gola.
Ma sul tavolo non c'è solo la manovra. Si parla anche della riforma della Giustizia, dell'Autonomia differenziata, delle riforme costituzionali e dell'eventuale modifica della soglia del 4% per le Europee. Un punto su cui Meloni frena decisamente. Il suo ragionamento è il seguente: c'è stato un difetto di comunicazione, dovuto forse a chi ha voluto veicolare l'ipotesi di un possibile abbassamento della soglia dal 4 al 3%, ma su questo «io sono sempre stata contraria».
Un aperitivo post-vacanze per fare il punto e, soprattutto, spogliatoio. In cui Meloni ha cercato di fare moral suasion sugli alleati anche usando l'argomento della prospettiva di lungo periodo.
Non dobbiamo ragionare su quest'anno - è il senso del suo ragionamento - ma su una prospettiva di legislatura. Insomma, anche se a giugno ci sono le elezioni Europee, non è questo il momento dei fuochi d'artificio perché «abbiamo ancora tempo davanti a noi».
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