Meloni sceglie il "Predestinato". Panetta al vertice di Bankitalia contro la Bce a trazione tedesca

Fabio il Predestinato. Prescelto da Giorgia Meloni fin da quando, alla fine della scorsa estate e ancora prima delle elezioni, la futura presidente del Consiglio aveva iniziato a corteggiarlo per portarlo nella sua squadra di governo

Meloni sceglie il "Predestinato". Panetta al vertice di Bankitalia contro la Bce a trazione tedesca
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Fabio il Predestinato. Prescelto da Giorgia Meloni fin da quando, alla fine della scorsa estate e ancora prima delle elezioni, la futura presidente del Consiglio aveva iniziato a corteggiarlo per portarlo nella sua squadra di governo. Per lui era pronta la fondamentale casella del ministero dell'Economia, una posizione che gli avrebbe permesso di farsi garante dell'Italia in Europa e sui mercati finanziari internazionali. Alla fine non se ne fece nulla, ma senza strappi o rotture. Semplicemente, Panetta fece capire che preferiva restare dov'era. Non perché volesse tenere le distanze dalla neopremier - alla quale non ha mai fatto mancare la sua disponibilità quando c'è stato da confrontarsi sui dossier economici più caldi - ma più banalmente perché il suo orizzonte è sempre stato quello di tornare lì dove aveva iniziato nell'ormai lontano 1985. Bankitalia, appunto.

Così sarà. Con il Consiglio dei ministri che ieri ha deliberato la sua nomina a governatore della Banca d'Italia a partire dal primo novembre. Una decisione tanto attesa, quanto scontata. Dove l'unica sorpresa è la tempistica. Ragione per cui c'è chi ha visto una curiosa coincidenza con lo scontro che si è consumato per tutta la giornata di ieri tra la Banca centrale europea e Palazzo Chigi. Dopo che a inizio mattinata la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha annunciato un nuovo rialzo dei tassi a luglio, infatti, il governo italiano ha avuto parole fortemente critiche. Per bocca dei due vicepremier - prima Antonio Tajani e poi Matteo Salvini - e del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Tutti e tre i partiti che sostengono la maggioranza, insomma, hanno accusato la Bce di aver scelto la via della «recessione». Dopo una giornata di tensioni, dunque, c'è un curioso sincronismo nella scelta del governo di accelerare sulla nomina di Panetta al vertice di Bankitalia. Non tanto perché il futuro governatore è membro del board della Bce, quanto perché più d'una volta ha criticato pubblicamente la corsa «imprudente» ad aumentare i tassi sostenuta da Lagarde. Una considerazione su cui è tornato anche negli ultimi mesi, con interviste al quotidiano francese Le Monde e a quello tedesco Handelsblatt (sui tassi bisogna essere «giudiziosi» e «non credo sia il momento di alzarli»). Insomma, di certo non è mai stato un tifoso della Bce a trazione tedesca.

Quando il suo nome fu piazzato in cima al totonomine per il Mef - e in verità anche qualche mese prima, quando al compleanno di Gianfranco Rotondi fu visto parlare lungamente con Meloni - si disse e si scrisse che Panetta è uomo non distante dal centrodestra. Una profilazione, va detto, che non piace troppo al diretto interessato, che ha sempre difeso la sua indipendenza. Di certo, è «uomo di Bankitalia». Da sempre. E questo è il link che lo unisce da decenni a un altro grande ex di via Nazionale, Mario Draghi. Non a caso, tra i due il rapporto è solidissimo. Panetta, dunque, ha una sua trasversalità che avvicina il centrodestra all'establishment e a pezzi di centro. Non è un caso che a complimentarsi con Meloni per la scelta ci sia anche Matteo Renzi. Che elogia la nomina di Panetta e quella del generale Francesco Paolo Figliuolo come commissario per la ricostruzione post alluvione. Guarda caso, due «Draghi-boys».

Rimane il dubbio su chi sostituirà il prossimo governatore di Bankitalia in uno posto altrettanto cruciale come il board della Banca centrale europea.

In pole position c'è da tempo Piero Cipollone, attuale vicedirettore generale di via Nazionale. Ma è in corsa anche Daniele Franco. Il primo fu consigliere economico dell'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il secondo è stato ministro dell'Economia con lo scorso governo. Insomma, un altro «Draghi-boys».

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