Meloni soddisfatta: "Governo più forte. Oggi parlano i fatti, non la narrazione"

La premier incassa una conferma senza umiliare gli alleati (Salvini in particolare) ed evita rese dei conti. Ora però arrivano i dossier caldi

Meloni soddisfatta: "Governo più forte. Oggi parlano i fatti, non la narrazione"

Una vittoria schiacciante, ma senza mortificare gli alleati. Esattamente come sperava Giorgia Meloni, ben consapevole del valore politico nazionale delle elezioni in Lombardia e Lazio e delle possibili ricadute sugli equilibri all'interno della maggioranza di governo. E per la premier, 114 giorni dopo la nascita del suo esecutivo, è un successo su tutti i fronti. Perché una tornata elettorale in cui sono chiamati alle urne quasi 13 milioni di elettori non può non essere considerato un test sul governo nazionale. Che, è la riflessione che Meloni affida ai suoi interlocutori in una giornata passata a casa alle prese con l'influenza, «gli elettori hanno promosso», con buona pace «delle polemiche delle ultime settimane» che «non hanno fatto breccia». Insomma, «oggi parlano i fatti» e «non la narrazione di chi racconta un esecutivo in affanno o diviso». Un evidente riferimento alla vicenda Cospito prima e al caso Sanremo poi.

D'altra parte, i numeri non lasciano dubbi. Il centrodestra vince sia in Lombardia che nel Lazio, con Attilio Fontana e Francesco Rocca che scavallano entrambi il 50% dei voti. E, soprattutto, con il secondo che conquista una regione che dal marzo del 2013 era a guida Pd. Non un dettaglio, visto che oltre ad essere al governo nazionale, oggi il centrodestra guida 15 regioni su 20. Una vittoria, quella di Rocca, proprio nel bacino elettorale storico di Fratelli d'Italia, che riesce persino a migliorare il risultato delle politiche dello scorso 25 settembre passando nel Lazio dal 31,3 al 34. Un successo tutto di Meloni, anche perché è stata proprio lei a volere fortemente la candidatura dell'ex presidente della Croce rossa italiana. Non è un caso che al Salone delle Fontane all'Eur, dove è riunito il comitato elettorale di Rocca, si registri un continuo via vai degli uomini e donne più vicini alla premier, dalla sorella Arianna al ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, passando per Giovanni Donzelli, Chiara Colosimo, Nicola Procaccini. E anche in Lombardia Fdi si conferma primo partito, con un leggero arretramento rispetto alle politiche (25,7% contro il 28) che non impensierisce affatto Meloni. Anzi, paradossalmente è un elemento stabilizzatore che rasserena la presidente del Consiglio, preoccupata proprio da eventuali scossoni nei voti di lista per il Pirellone. Un calo della Lega (ipotizzato da diversi sondaggi) avrebbe potuto dare il via a una resa dei conti all'interno del Carroccio, con possibili ricadute sulla tenuta della maggioranza a Roma. Tanto che a inizio febbraio Meloni ha dato il suo benestare al via libera in Consiglio dei ministri del Ddl sull'Autonomia differenziata non solo per le pressioni di Matteo Salvini, ma anche e soprattutto per togliere al leader della Lega ogni pretesto in caso di un risultato non positivo. Che, peraltro, non è arrivato, visto che Salvini esce dalla tornata elettorale lombarda recuperando addirittura terreno rispetto al 25 settembre (16,9% contro il 13,6 delle politiche).

Per Meloni, dunque, è una giornata quasi perfetta. Al netto ovviamente del dato sull'astensione, con il record negativo proprio nel Lazio (37,2%) e in particolare a Roma (33,1%, poco più di un avente diritto su tre). Un voto che inevitabilmente rinsalda l'esecutivo («consolida la compattezza del centrodestra e rafforza il lavoro del governo», dice la premier) anche in vista dei giorni a venire. Archiviata la tornata elettorale, infatti, ora la premier ha davanti una sfilza di complessi dossier esteri, a partire dalla questione Ucraina. Ma sul tavolo ci sono anche le interlocuzioni in corso con Bruxelles, in particolare sul Pnrr (ma anche sulla proroga della concessione dei balneari e sui migranti).

Per non parlare dei rapporti non proprio idilliaci con Emmanuel Macron ed Olaf Scholz, incomprensione che rischia di portarsi dietro strascichi. Senza contare il dossier Rai (Meloni sta valutando di dare un segnale forte nelle prossime ore) e, soprattutto la partita delle nomine nelle partecipate (tra cui Enel, Leonardo, Poste, Terna) che si aprirà il 31 marzo.

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