All'indomani delle dimissioni di Ignazio Marino, nella Capitale già impazza il toto sindaco. Il voto è contendibile e fluido come non mai: dopo Mafia Capitale i romani - cinici e diffidenti nei confronti della politica - sembrano aver capito che il riscatto morale della città debba passare non per forza dai partiti.
Il M5S gongola, forte di sondaggi in forte ascesa e del tracollo del Pd, storicamente radicato al tessuto cittadino, ma ormai distante da una base tramortita dal commissariamento prorogato e dallo strappo netto e doloroso con Marino. Non a caso i dem stanno cercando una autorevole candidadura non interna al partito, ma nella società civile.
Indubbiamente il nome forte che potrebbe sparigliare le carte ed evitare l'ascesa grillina al Campidoglio è quello di Giorgia Meloni, che ad Atreju ha incassato gli appoggi di Toti e Salvini: romana doc, donna carismatica e mediaticamente forte, è un volto apprezzato trasversalmente e che potrebbe pescare nel bacino dell'astensione e dei delusi democratici.
Inoltre nella Capitale Fratelli d'Italia viaggia a percentuali raddoppiate rispetto al dato nazionale ed è stato il partito che di più constrastato l'amministrazione Marino: " grazie al nostro esposto presentato il 7 ottobre - le parole del segretario romano De Priamo - la procura di Roma ha aperto il fascicolo sulle spese del sindaco che lo ha portato alle dimissioni, ma la nostra strenua opposizione, a differenza di altri, parte da molto lontano".
La medaglia di una coerente e incalzante opposizione a Marino, però, non basta a chi si propone di governare Roma, se a condividere lo stesso partito è proprio il sindaco indagato per le vicende di Mafia Capitale: imbarazzo superato, dato che tra le Meloni e Alemanno si è arrivati a una frattura non ricomponibile.
La battaglia politica interna a Fratelli d'Italia infuria da tempo: Alemanno - autosospesosi da tutti gli incarichi dopo le vicende di Mafia Capitale - non si è sentito difeso abbastanza dalla Meloni e ha convogliato tutte le energie sul movimento Prima l'Italia. Sempre più ai margini del partito, ha provato a riacquistare peso attraverso una manovra esterna: all'assemblea della fondazione Alleanza nazionale, nella quale a suon di mozioni si contendevano nome e simbolo - ma non il patrimonio, che verrà impiegato solo per favorire iniziative culturali - l'asse Fini-Alemanno è stato sconfitto da quello Meloni-Rampelli- La Russa, aiutati anche da ex colonnelli ora in Forza Italia come Gasparri e Matteoli, nell'ottica di una futura coalizione unitaria di centrodestra.
Gli alemanniani non sono stati confermati in alcuni organi direttivi locali, ma la valenza del fatto non risiede nei semplici rapporti di forza interni al partito: è come se questa rottura avesse scacciato il fantasma della vecchia gestione alemanniana e fatto cadere una arma importante per gli avversari della
Meloni.La salita verso il Campidoglio ora è un po' meno ripida: chissà - citando un passo della canzone "l'estate sta finendo" dei Righeira - che sia arrivato il momento di dire " è tempo che i gabbiani arrivino in città...".
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