Meno permessi e fino a sei mesi dentro i Centri. La stretta leghista scuote il governo

La Lega rilancia sul controllo dell'immigrazione. È il Dl Migranti lo strumento per stringere le maglie dei controlli e andare oltre quanto deciso dal Consiglio dei ministri tenuto a Cutro dopo il naufragio davanti alle coste calabresi

Meno permessi e fino a sei mesi dentro i Centri. La stretta leghista scuote il governo

La Lega rilancia sul controllo dell'immigrazione. È il Dl Migranti lo strumento per stringere le maglie dei controlli e andare oltre quanto deciso dal Consiglio dei ministri tenuto a Cutro dopo il naufragio davanti alle coste calabresi. Con una accelerazione che suscita qualche perplessità all'interno della maggioranza, convinta che l'impianto uscito dalla concertazione governativa vada tutelato.

Sono in tutto 126 gli emendamenti presentati in commissione Affari costituzionali del Senato. Di questi, sono circa una trentina le proposte di modifica presentate dalla maggioranza e 21 quelle firmate dalla Lega che punta a reintrodurre per via parlamentare alcuni principi dei Decreti Salvini. Forza Italia e Fratelli d'Italia hanno presentato cinque e quattro emendamenti. Il decreto, atteso in Aula non prima del 18 aprile, va convertito in legge entro il 9 maggio.

Il partito di Matteo Salvini punta in particolare a limitare i permessi rilasciati per protezione speciale: «Non può essere regalata a tutti se non ci sono le condizioni» spiegano. Il Carroccio vuole anche rendere le revoche dei permessi di soggiorno più semplici e rivedere le norme sui periodi di trattenimento nei Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri, da allungare fino a 180 giorni. Un altro emendamento pesante è quello che prevede una sorta di revisione del modello organizzativo, con l'istituzione di una struttura di missione presso il ministero degli Interni.

Questo organo, se passerà l'emendamento del Carroccio, affiderà nelle mani del ministro dell'Interno i «compiti consultivi e di indirizzo in materia di politiche di integrazione, ai fini della ricognizione, in forma integrata e coordinata, di tutte le attività già in essere e dei contributi pubblici, statali ed europei, vincolati a programmi per l'integrazione dei cittadini stranieri presenti regolarmente sul territorio nazionale». La struttura sarà «composta da rappresentanti del ministero dell'Interno, delle Infrastrutture, dell'Economia, della Giustizia, dell'Istruzione, da un rappresentante delle Regioni e un rappresentante dei Comuni». L'obiettivo dichiarato è quello di analizzare la «capacità di integrazione dei cittadini stranieri in relazione ai rispettivi Paesi di provenienza»; la condivisione dei principi costituzionali fra cui, in particolare, «libertà e uguaglianza, rispetto dei diritti delle donne e dei minori, partecipazione alle attività della comunità cittadina, capacità di adeguarsi e rispettare le regole dell'ordinamento giuridico».

Forza Italia si muove, invece, su un terreno improntato alla protezione dei più deboli. Propone così un incremento di 176 milioni annui per il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, a decorrere dal 2023 con l'obiettivo di finanziare «4mila posti per l'accoglienza di minori stranieri non accompagnati e 1000 posti per l'accoglienza di persone disabili o con disagio mentale». Chiede poi di assegnare «quote ad apolidi e a rifugiati riconosciuti dall'Alto Commissariato Onu o dalle autorità competenti nei Paesi di primo asilo».

Ufficialmente nessuno punta il dito sugli emendamenti leghisti. «Troveremo una soluzione. Non ci sono conflitti e né contrasti nella maggioranza» dice il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto. «Mancanza di compattezza? Non è la prima volta che ci sono diversità di vedute ma abbiamo sempre trovato una quadra».

E Gian Marco Centinaio, vicepresidente leghista del Senato, liquida la questione: «È tutto a posto. Non si aprirà nessuna discussione». Probabile però che da qui al 18 aprile si aprirà un tavolo per individuare un nucleo ristretto di modifiche condivise.

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