Roma - Si chiude un altro anno in rosso per il mercato immobiliare. L'Italia resta l'unico paese dove i prezzi di case, uffici e capannoni continua a calare. Ieri la conferma del sito Idealista, secondo il quale nel 2019 il prezzo delle abitazioni è calato del 3,7% rispetto al 2017, a una media di 1.753 euro al metro quadro.
La crescita è un po' meno marcata rispetto agli anni precedenti, ma la tendenza degli ultimi anni, da quando il governo Monti ha introdotto una patrimoniale sul mattone, è ancora di un calo delle quotazioni. Ci sono delle eccezioni come Milano dove i prezzi di vendita sono aumentati del 5,6%, a una media di 3.473 euro al metro quadro che la collocano sul podio delle città dove il mattone è più caro, dopo Venezia e Firenze. A Roma prezzi ancora in calo: meno 1,9% rispetto al 2017 e quotazioni medie a 3.120 euro al metro quadro.
Il settore immobiliare soffre per l'eccesso di pressione fiscale sulla casa. E per il prossimo anno non sono in vista novità positive. La legge di Bilancio concede ai comuni la possibilità di aumentare le imposte locali. Il meccanismo è noto, non è stata prorogato lo stop agli aumenti delle tasse locali prorogato dal 2016 al 2018. I sindaci potranno introdurre nuove imposte. Ad esempio tasse di scopo. Poi potranno confermare la maggiorazione Tasi dello 0,8 per mille, ma solo se era già stata deliberata. In questo caso si tratta di una proroga già concessa con le passate leggi di Bilancio.
La Tari potrà essere rimodulata, con aumenti fino al 50%. «Da un governo del cambiamento ci saremmo aspettati una riduzione dello spropositato carico di tassazione sugli immobili di cui si sono resi responsabili i governi precedenti, non il via libera ai Comuni per aumentare ancora la sua parte più odiosa, quella di tipo patrimoniale», ha twittato il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa.
Nei giorni scorsi l'associazione dei proprietari di immobili aveva sottolineato come il mancato blocco delle tariffe, che vietava agli enti locali di «deliberare aumenti dei tributi nonché delle addizionali ad essi attribuiti con legge dello Stato», potrebbe provocare anche un aumento dei canoni di affitto. In particolare mette a rischio i contratti di affitto concordati, quelli il cui canone è concordato dalle associazioni dei proprietari e degli inquilini e sui quali in alcuni comuni viene applicata una aliquota agevolata. Una ulteriore facilitaziobne rispetto alla cedolare secca.
I sindaci potrebbero decidere di aumentare le tasse sugli immobili affittati. La tassazione in alcuni comuni potrebbe crescere del 150 per cento. Per altro la norma che regola gli affitti concordati e dava la possibilità di applicare una aliquota agevolata a questo tipo di contratti scade nel 2019. «Andrebbe stabilizzata perché sia ancora incentivante», ha chiesto Spaziani Testa.
Il nodo della fiscalità
locale (compresa quella sull'immobiliare) diventerà cruciale nei prossimi mesi. I comuni dovranno fare i conti con sempre meno risorse e compenseranno con addizionali e tasse. Mentre la pressione fiscale nazionale non cala.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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