"Fiducia prima in Senato". Smascherato il piano di Pd-5S: cosa volevano fare con Draghi

I "governisti" grillini hanno chiesto, di comune accordo col Pd, di partire dalla conta alla Camera sulla fiducia a Draghi, dove i numeri sarebbero più incoraggianti. L'accordo Casellati-Fico

"Fiducia prima in Senato". Smascherato il piano di Pd-5S: cosa volevano fare con Draghi

Niente "informativa" dinanzi alle Camere da parte del premier Mario Draghi, bensì delle "comunicazioni fiduciarie": stando a quanto filtrato nelle ultime ore, pertanto, il prossimo mercoledì si dovrebbe procedere col voto di fiducia al governo. Collegato a questo aspetto, ad agitare le acque nella maggioranza vi è il fatto che il Pd e l'ala "governista" del Movimento Cinquestelle avrebbero chiesto di fare esprimere per prima la Camera dei deputati e non il Senato, come invece prevede la prassi. Proprio la Camera dei deputati nella quale, facendo una rapida conta, l'attuale presidente del Consiglio avrebbe una maggioranza più netta.

Le proteste della Lega

"Siamo alla farsa", affondano senza giri di parole i capigruppo di Camera e Senato del Carroccio Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo."Ora Pd e M5s chiedono a Draghi di comunicare prima alla Camera e poi al Senato solamente perché Conte è più debole alla Camera. Giochini vergognosi che vanno contro la prassi che vuole che le comunicazioni del Presidente del Consiglio siano fatte nella camera di prima fiducia o dove si è generata la crisi", aggiungono Molinari e Romeo. Ciò significa, in entrambi i casi, partire dal Senato, una situazione che sia i dem che i "governisti" grillini ostili a Giuseppe Conte vogliono evitare. "Gli italiani meritano rispetto, serietà e certezze", concludono i parlamentari leghisti.

Dal canto suo, come riferito da AdnKronos, il capogruppo M5S alla Camera Davide Crippa avrebbe giustificato la richiesta di procedere prima con le votazioni a Montecitorio dichiarando, nel corso della riunione odierna, che il primo 'non voto' del Movimento sul dl Aiuti si è verificato alla Camera: ecco perché, secondo il "governista" grillino, sarebbe logico appoggiare la richiesta dem di posticipare la conta dei voti a palazzo Madama.

Cosa può accadere

A quanto pare, quindi, il prossimo mercoledì Draghi si presenterà in aula non solo per tenere un'informativa, vale a dire un discorso che non prevede votazioni: se ciò fosse accaduto, le dimissioni sarebbero state ineluttabili. Si parla invece di "comunicazioni fiduciarie", che dovrebbero concludersi con l'espressione di un voto da parte dei membri delle due camere. L'iter burocratico, in questi casi, prevede che a esprimersi per prima sia l'aula in cui la crisi si è aperta, ovvero il Senato. Ma è proprio questo ciò che vogliono evitare sia il Pd che l'ala governista del Movimento.

E questo proprio per il fatto che al Senato ben il 70% dei grillini è composto dall'ala "contiana" e preme per la caduta del governo. I numeri sono meno netti a Montecitorio, dove l'ala "governista" del M5S può fare affidamento sul consenso di 30 deputati (c'è chi parla addirittura di 50) su 104 complessivi. Proprio durante la conferenza dei capigruppo della Camera di stamani i dem e i grillini "governisti" hanno chiesto di partire dalla conta del consesso di Montecitorio.

Il programma di mercoledì

Come anticipato, la prassi prevede che Draghi si presenti prima a palazzo Madama per dare le proprie "comunicazioni" e ottenere un voto "fiduciario con chiama", con le stesse modalità di un semplice voto di fiducia. Solo successivamente il premier si dovrebbe spostare a Montecitorio per concludere l'iter previsto.

Nel caso in cui la prassi non venisse rispettata, in attesa della decisione del Senato in previsione per domani, in Camera dei deputati emergerebbe con grande forza un nuovo strappo interno al Movimento dopo l'uscita di Di Maio. Ai dem, come dichiarato esplicitamente dal segretario Letta, interessa solo rinnovare la fiducia a Draghi: per questo motivo si accontenterebbe anche solo del consenso di "una parte dei CinqueStelle". I "governisti" grillini anti-contiani preparano lo strappo, anche se non è detto che scelgano di confluire anch'essi nella nuova creatura politica dell'attuale ministro degli Esteri. Per ora, infatti, si vocifera che tra i dissidenti vi sia l'intenzione di creare l'ennesima formazione politica, l'unico stratagemma possibile per evitare le urne e tenere in piedi l'attuale esecutivo.

Accordo Fico-Casellati

Secondo alcune fonti del Senato, ci sarebbe stato un

accordo tra i presidenti del Senato Elisabetta Casellati e della camera Roberto Fico: le comunicazioni del presidente del Consiglio e il successivo dibattitto sulla fiducia con il voto partiranno da Palazzo Madama.

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