L'ufficio propaganda di Palazzo Chigi è sempre assai alacre. Basta vedere come ieri sia riuscito a far cambiare i titoli dei principali giornali sulla figuraccia del governo nel caso Calabria, organizzando un mini briefing notturno per poche elette testate, cui affidare la nobile «assunzione di responsabilità» di Conte (e del resto di chi altri sarebbe la responsabilità?) sull'ennesimo commissario andato ramengo.
Ma ormai non si fa a tempo a parare un colpo che ne arrivano altri due, lo stress è troppo anche per il prode Casalino (autore in questi giorni anche di un pregevole «memo» inviato ai cronisti e intitolato «Narrativa sulla manovra», per aiutare i media a meglio narrare le mirabilie governative) e il capo del governo appare sempre più esposto alle intemperie internazionali (è rimasto privo di sponde in Usa, dopo aver puntato tutte le sue carte sul perdente Trump) e ai crescenti malumori della sua maggioranza. Solo ieri, per dire, Conte ha dovuto incassare due imbarazzanti stop, entrambi da fuoco amico: la cancellazione (sponsorizzata dai ministri Pd, Guerini e Franceschini in testa) della norma che istituiva la Fondazione per la Cybersicurezza, infilata dal premier motu proprio dentro la manovra; e la bocciatura da parte della Ragioneria dello Stato dell'elenco di «grandi opere» da realizzare in deroga alle norme sugli appalti, via commissario straordinario. Un elenco rimasto fermo per settimane, mentre la ministra competente Paola De Micheli tentava senza riuscirci di avere un abboccamento col premier per farsi dare via libera e mentre il suo vice, il grillino Cancellero, tentava di infilare quanti più uomini «di area» nella lista dei commissari.
Nel frattempo il governo è immobile sul Recovery Plan, svicola ancora sul Mes nonostante le crescenti tirate d'orecchi del commissario europeo Gentiloni e le pressioni del Pd, discetta a vanvera di «cancellazione del debito» sulla scia delle avventate esternazioni del presidente del Parlamento europeo Sassoli (impegnatissimo nella caccia al voto grillino per un'ipotetica scalata al Colle) e è in panne su tutti i fronti. «L'impreparazione e il ritardo con cui è stata gestita la nuova ondata Covid è impossibile da nascondere», ammette un dem.
Il pressing di Renzi e Pd per allargare la maggioranza a Fi prosegue.
E al Nazareno, raccontano, si starebbe sempre più insistentemente affacciando un'idea: lasciar passare la sessione di bilancio e il picco epidemico, e poi nel 2021 provare - con la sponda di Fi e quella di Washington - a far saltare Conte. Sostituendolo con «l'unico dirigente Pd cui anche i grillini avrebbero difficoltà a dire di no», dice un parlamentare. Ossia il segretario Nicola Zingaretti.
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