Forse voleva dare il buon esempio. Sabato papa Francesco, ricevendo un gruppo di studenti, aveva esortato i giovani a «non temere il silenzio» e chiudere per un po' i telefonini nei cassetti. La domenica delle Palme, durante la messa in piazza San Pietro, aveva esortato a ripetere il comportamento di Gesù: «Nei momenti di oscurità e grande tribolazione bisogna tacere, avere il coraggio di tacere, purché sia un tacere mite e non rancoroso. La mitezza del silenzio ci farà apparire ancora più deboli, più umiliati, e allora il demonio, prendendo coraggio, uscirà allo scoperto». Tacere: quante volte Francesco l'ha ripetuto in pochi giorni. I maligni avevano ipotizzato che l'invito fosse legato al clamore suscitato dalle riflessioni di Benedetto XVI sulla pedofilia tra il clero. Ma il giorno dopo, lunedì, Bergoglio è andato a trovare Ratzinger per fargli doppi auguri, di Pasqua e di buon compleanno. E così sul presunto dissidio tra i due papi è stato fatto calare, appunto, il silenzio.
La giornata però non era finita. Nel tardo pomeriggio è scoppiato l'incendio di Notre Dame. Una chiesa (con la minuscola) divorata dal fuoco è una ferita per tutta la Chiesa (con la maiuscola), soprattutto all'inizio della Settimana santa. Gesù muore, la chiesa brucia: ai fedeli è sembrato un potentissimo monito divino.
Eppure papa Francesco, seguendo il suo nuovo mantra, ha taciuto. Per tutta la sera di lunedì fino al mattino di ieri da Santa Marta non è filtrato nulla. Hanno parlato i vescovi francesi, in particolare il nuovo presidente Eric de Moulins-Beaufort il quale ha ricordato che «niente su questa terra è fatto per durare per sempre». Nulla di umano regge l'urto del tempo. Hanno parlato i vescovi italiani, che hanno inviato «un abbraccio fraterno» all'arcivescovo di Parigi, e così pure quelli di Vienna e Londra. Hanno parlato i capi di stato di tutto il mondo; i ricchi magnati francesi hanno messo mano al portafogli staccando assegni a molti zeri per ricostruire la basilica.
Hanno parlato tutti, fuorché il papa. Solitamente prodigo di moniti e anatemi quando viene minacciato l'ecosistema e se gli Stati non sono abbastanza accoglienti con i migranti, Francesco non ha ritenuto opportuno fare sentire subito il suo dolore per la distruzione di uno dei simboli dell'Europa cristiana, la seconda chiesa più visitata in Occidente dopo la basilica di San Pietro. È un Bergoglio insolito, tiepido, assente, distaccato. In tarda serata esce una nota striminzita ad annunciare che «la Santa Sede ha accolto con shock e tristezza la notizia del terribile incendio» che ha devastato un «simbolo della cristianità».
Bisogna aspettare il mattino per sapere, da un tweet del portavoce «ad interim» Alessandro Gisotti, che il papa «è vicino alla Francia, prega per i cattolici francesi e per il popolo di Parigi» e «assicura la sua preghiera a tutti coloro che si stanno impegnando per far fronte a questa drammatica situazione». E sono le 12,40 quando le agenzie battono il testo di un telegramma inviato da Francesco a monsignor Michel Aupetit, arcivescovo di Parigi.
Finalmente, 18 ore dopo il divampare delle fiamme divoratrici, la voce del papa si leva per associarsi alla tristezza dei francesi e a chiedere la «mobilitazione di tutti» per ricostruire «il gioiello architettonico di una memoria collettiva». Segue un tweet: «Oggi ci uniamo in preghiera con il popolo francese, mentre aspettiamo che il dolore per il grave danno si trasformi in speranza con la ricostruzione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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