Metamorfosi Zuckerberg: stop a diversità e inclusione

Meta chiude i programmi per le minoranze. Il Ceo attacca Biden sul Covid e torna a Mar-a-Lago da Trump. I dipendenti: "È un folle"

Metamorfosi Zuckerberg: stop a diversità e inclusione
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È bastato che le elezioni designassero Trump come nuovo inquilino della Casa Bianca perché Mark Zuckerberg cambiasse radicalmente il suo algoritmo. Anche politico. Da icona liberal, paladino della verità e dell'inclusione, mr Facebook nel tempo di un click ha cambiato tutto. Via i fact-checkers, chiuso il programma di diversità e inclusione, elogi a Donald, critiche a Biden e un mea culpa sulla gestione passata dei suoi social network. Il boss è cambiato, e allora meglio adattarsi e riposizionarsi. Subito, prima di rischiare di perdere miliardi di dollari. Coerenza e ideali possono finire nel cestino al punto che alcuni dei suoi dipendenti arrivano a definirlo «folle». Ma più che folle Zuck si conferma un furbastro pragmatico.

Un dietrofront rapidissimo che scuote la Silicon Valley e il mondo dei social. Prima l'eliminazione del fact-checking copiando, peraltro, la gestione del nemico Musk (guarda caso saldamente nelle grazie di Trump) cancellando quindi la moderazione dei contenuti su Facebook e Instagram. Adesso lo stop ai programmi di diversità, equità e inclusione con l'immediata cancellazione della squadra dedicata. C'è chi è già stato assegnato a un altro ruolo e chi, come Roy Austin, vice presidente dei diritti civili, che ha annunciato le sue dimissioni da Meta, l'azienda che controlla i social di famiglia. «Il panorama legale e politico intorno agli sforzi per la diversità, l'equità e l'inclusione negli Usa sta cambiando», spiega l'azienda in una nota, sottolinendo l'intenzione di «applicare pratiche eque e coerenti che mitigano i pregiudizi per tutti, indipendentemente dal background». Traducendo liberamente: il vento è cambiato e noi ci adeguiamo altrimenti rischiamo di sparire. Come dimostra la presunta seppur non confermata visita semi-ufficiale dello stesso Zuckerberg a casa Trump a Mar-a-Lago, per rinforzare definitivamente la strategica alleanza. Con il tycoon che nei giorni scorsi ha elogiato pubblicamente il fondatore di Facebook, definendolo «un ragazzo che ne ha fatta di strada».

Per chiudere il cerchio, manca solo una bella critica all'attuale amministrazione e al presidente uscente, ed eccola puntuale. Zuckerberg attacca infatti Joe Biden che, a suo dire, lo avrebbe obbligato a «censurare determinati contenuti», durante la pandemia con funzionari della Casa Bianca che avrebbero «urlato e imprecato» contro i dipendenti di Meta nel periodo Covid, visto il proliferare di fake news e teorie complottistiche. Facebook aveva deciso in maniera tranchant di rimuovere le informazioni false sui vaccini e ridurre la visibilità di gruppi e pagine no-vax. «Ora ho un controllo molto maggiore su quella che penso che dovrebbe essere la policy, e credo che così sarà anche in futuro», ha detto l'imprenditore.

Biden non l'ha presa bene e riguardo l'addio al fact-checking ha attaccato: «Penso che sia davvero vergognoso. Dire la verità è importante. Pensate che non sia importante che milioni di persone leggano cose che semplicemente non sono vere?». Anche l'Ue ha preso posizione con una nota che spiega come «L'Europa garantirà che tutte le piattaforme di social media rispettino i diritti dei cittadini e le sue regole». Sulle barricate, almeno a parole, molti dipendenti di Meta con commenti critici che hanno iniziato a spuntare sulla piattaforma di messaggistica interna e non solo.

«Se il risultato delle elezioni fosse stato diverso, niente di tutto questo sarebbe successo? Significa che stavamo facendo cose in cui non credevamo? Avremo cambiamenti così grandi ogni volta che il potere cambierà?». Possibile. In fondo Zuckerberg ce l'ha insegnato: si possono avere al tempo stesso migliaia di «amici» e zero scrupoli.

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