Migranti col trucco: "Si fingono minori per avere vantaggi e restare qui anni"

L'espediente sempre più usato. Dubbi nella Caritas: "Difficili poi le verifiche"

Migranti col trucco: "Si fingono minori per avere vantaggi e restare qui anni"
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Appena arrivati in Italia, subito dopo lo sbarco, si dichiarano minorenni. Ma spesso non lo sono e il sospetto è che i diciotto anni li abbiano superati da un po'. Alle nostre autorità non resta che prenderne atto con il beneficio del dubbio: in assenza di documenti anagrafici ufficiali, attestare con esattezza l'età di quei giovani migranti non è sempre facile. Non lo è nemmeno per i professionisti incaricati del delicato compito e appositamente formati. Quello dei profughi che si autocertificano come minorenni, pur non essendolo, è un fenomeno passato sinora sottotraccia ma abbastanza diffuso. Almeno secondo quanto testimoniano alcuni operatori umanitari che si occupano proprio di prima accoglienza. «Negli ultimi mesi, in particolare, molti migranti non accompagnati ci dicono di essere minorenni ma i successivi riscontri previsti dal protocollo dimostrano che non è così. In alcuni casi lo si può presumere anche dal loro aspetto che siano maggiorenni, anche se poi servono i doverosi accertamenti per stabilirlo», racconta al Giornale una fonte vicina a Caritas Italiana. Il motivo per il quale quei giovani profughi dichiarano fittiziamente di avere la minore età sarebbe legato ai benefici garantiti proprio da questa condizione: innanzitutto l'ottenimento di un permesso di soggiorno valido fino ai diciotto anni e poi eventualmente estendibile, con un prosieguo amministrativo, fino al compimento dei ventuno. Per i minorenni, inoltre, la legge prevede particolari tutele e l'ospitalità in strutture d'accoglienza dedicate. «Forse, prima della partenza sui barconi, qualcuno suggerisce a questi ragazzi di spacciarsi per minorenni per avere maggiori protezioni e garantirsi la permanenza sul nostro territorio. Non sappiamo se sia effettivamente così, ma qualche sospetto possiamo averlo», ci confidano le stesse fonti. Peraltro, come già accennato, la determinazione dell'età esatta non è sempre così immediata: in alcuni casi i professionisti che se ne occupano riescono a scoprire i «falsi minorenni» con facilità, in altri l'operazione risulta più complessa. In passato ci spiegano i medesimi operatori umanitari tra i metodi di refertazione più utilizzati c'era la misurazione del polso attraverso una radiografia, procedura che tuttavia doveva fare i conti con almeno due fattori di possibile inattendibilità: la mancanza di un criterio unico di analisi e il fatto che lo sviluppo delle ossa sia condizionato da molti fattori, spesso non noti agli esaminatori, dall'alimentazione a eventuali malattie. Così, oggi l'accertamento dell'età è affidata a un'equipe multidisciplinare che, alla presenza di un mediatore culturale, effettua approfondimenti «con modalità meno invasive possibili e rispettose dell'età presunta, del genere e del sesso, dell'integrità fisica e psichica della persona». La procedura si compone di tre fasi: un colloquio sociale, una valutazione psicologica o neuropsichiatrica e una visita pediatrica auxologica. Ma, dopo questa trafila, capita sempre più spesso che molti profughi dichiaratisi minorenni risultino in realtà avere più di diciotto anni. Ci viene inoltre spiegato che, secondo i protocolli, «qualora, anche dopo l'accertamento, permangano dubbi sulla minore età, questa è presunta ad ogni effetto di legge». Le fonti umanitarie da noi ascoltate non solo registrano il fenomeno ma lamentano anche un conseguente e maggiore stress inflitto alla già sovraccaricata macchina dell'accoglienza.

«In presenza di richiedenti asilo minori o presunti tali dobbiamo seguire procedure specifiche fatte di identificazioni e di trasferimenti. Se questo può essere impegnativo per quei giovani, immaginate quanto lo sia per noi operatori in prima linea».

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