Da una parte i migranti mediorientali all'assalto della frontiera polacca dalla Bielorussia. Tentano di distruggere la recinzione spinata, in parte già divelta, mostrano il loro lato più aggressivo, lanciano sassi, rami, ciottoli. C'è persino un bambino, che si nasconde dietro a un cappuccio e poi mostra ai militari il dito medio. Dall'altra parte la polizia di frontiera e i soldati polacchi, che difendono duramente il confine, porta dell'Europa. Una voce registrata avverte i migranti-ribelli: «Attenzione, se non seguite gli ordini, la forza potrà essere usata contro di voi». E via con i cannoni ad acqua e i gas lacrimogeni. Si è toccato un nuovo momento critico ieri al valico di frontiera di Kunica-Bruzgi, confine tra Bielorussia e Polonia, dove circa duemila migranti arrivati dal Medio Oriente, esasperati e spinti dal regime del dittatore bielorusso Aleksandr Lukashenko, ancora premono per entrare in Europa (170 hanno aderito al piano di rientro e saranno rimpatriati in Irak). Un poliziotto polacco è rimasto gravemente ferito alla testa. Con il suo ferimento sono ripartite le accuse. «I migranti sono stati equipaggiati dalle autorità bielorusse di granate stordenti», attacca il ministero della Difesa di Varsavia. La Bielorussia «mette a loro disposizione camion di pietre e ghiaia da scagliare contro i militari che sorvegliano il confine - spiega il portavoce del ministro coordinatore dei servizi speciali polacchi, Stanislaw Zaryn - Abbiamo avuto a che fare con una situazione pericolosa, molto dinamica e molto complicata. È un bene che sia finita e siamo riusciti a mantenere salda la linea di frontiera».
Ma il braccio di ferro sulla pelle dei disperati in fuga dal disastro mediorientale non accenna a diminuire. La Nato offre assistenza alla Polonia, preoccupata sia «dall'uso strumentale dei migranti», che definisce un «attacco ibrido», che dalla concentrazione inusuale di forze russe vicino al confine con l'Ucraina. La Russia, che continua invece a negare il coinvolgimento della Bielorussia e il proprio, ha colto l'occasione per attaccare nuovamente la Polonia: «L'uso di lacrimogeni e cannoni ad acqua viola il diritto umanitario ed è inaccettabile», afferma il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Mosca mette in evidenza le contraddizioni di un'Europa che si fa paladina dei diritti umani ma assiste al violento respingimento dei migranti dalla Polonia.
La crisi migranti, d'altra parte, si insinua in un momento di grande tensione con Varsavia, che nelle scorse ore ha anche annunciato la costruzione di un muro al confine già a partire da dicembre, spingendo ieri la Ue a precisare che i fondi europei - 114,5 milioni di euro dei 6,4 miliardi totali del Bilancio 2021-2027 per la gestione delle frontiere - «non sono destinati alla costruzione di muri». Questo nonostante nel bilancio comune a cui il Parlamento europeo e il Consiglio Ue hanno dato il via libera ieri per il 2002, ci saranno 25 milioni di euro destinati proprio alla crisi migratoria ai confini con la Bielorussia.
Ma le scintille con Varsavia riguardano soprattutto lo stato di diritto e l'indipendenza della magistratura. E ieri la Corte di Giustizia della Ue è stata chiara: il sistema in vigore in Polonia, che consente al ministro della Giustizia di distaccare i giudici in organi giurisdizionali penali superiori, concedendo al ministro, che è anche procuratore generale, di poter porre fine in qualsiasi momento al distacco senza motivazione, «non è conforme al diritto dell'Unione». Tanto che il Partito Popolare europeo chiede di non approvare il Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza di Varsavia, perché considera inaffidabile il PiS, il partito del premier Mateusz Morawiecki.
Un secondo colpo arriva dalla Corte di Giustizia ai danni dell'Ungheria, accusata anch'essa di violare il diritto europeo con la cosiddetta legge anti-Soros, la norma che prevede sanzioni penali contro chi aiuta i migranti a chiedere protezione internazionale, quando non ne hanno i requisiti. Budapest attacca: «Per la Corte europea dovremmo sostenere la tratta di essere umani». Un tema scottante. La prova che Lukashenko, con la guerra dei migranti, sta usando un'arma pericolosa per il futuro dell'Europa.
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