Il ballottaggio di domenica che vedrà opporsi Stefano Parisi e Giuseppe Sala chiama i milanesi scegliere tra due modelli di città e tra ben distinte visioni del capoluogo lombardo. E se Sala rappresenta la più rigorosa continuità con la difesa del presente e con quel corporativismo nazionale che rende tanto difficile stare al passo con i tempi, attorno a Parisi si sono raccolti quanti sperano che Milano torni a essere se stessa: tanto unica, così diversa dal resto d'Italia, dinamica, orientata al mercato, «vicina all'Europa» (per citare il verso di una canzone di Lucio Dalla). I milanesi che tifano Parisi desiderano che la loro città recuperi quella sua funzione storica di capitale morale: una città capace di dare spazio al lavoro e alla libera impresa. E sono felici che a interpretare questo spirito sia un liberale che parla con accento romano, perché sanno che da sempre Milano è stata vissuta e fatta grande da personaggi che provenivano da ogni dove. Questa è la città degli Hoepli e dei Gaber, ma soprattutto dei tanti pugliesi e calabresi che hanno lasciato la loro terra e qui hanno contribuito a uno dei boom economici più formidabili del dopoguerra. Milano sa ispirare ottimismo e la campagna elettorale di Parisi ha voluto trasmettere soprattutto tutto ciò. Dopo gli anni declinanti di Pisapia, l'auspicio è dunque che la città sappia offrire nuove opportunità, tornando a essere la nostra New York e la nostra Londra, ma con un'eleganza, un gusto e una gioia di vivere che altrove ci possono solo invidiare. Un luogo aperto a quanti hanno la capacità di guardare al futuro. È significativo, in tal senso, il fatto che Parisi intenda stringere un patto con la presidenza della regione Lombardia e contro il governo di Roma: per far sì che Milano possa salvare almeno una parte di quanto le viene sottratto e, in tal modo, ridurre la pressione fiscale. Oggi i lombardi subiscono un residuo fiscale (la differenza tra quanto pagano e quanto ricevono) di oltre 50 miliardi: il che significa che ogni anno una famiglia lombarda di quattro persone perde più di 20mila euro, e in questo quadro i milanesi sono perfino più penalizzati dei loro corregionali. Parisi sa che questa oppressione tributaria strozza ogni possibilità di crescita. Per questo egli intende battere i pugni sul tavolo affinché si possa abbassare le imposte e ridare fiato all'iniziativa privata. Intende semplificare le regole, snellire la burocrazia, tagliare le spese. Vuole che Milano torni ad attirare energie nuove.
Egli stesso è stato un protagonista dell'innovazione: prima alla guida di Fastweb e poi alla testa di un nuova azienda che distribuisce film in streaming. Parisi è un uomo che crede nella libertà e nel privato. C'è da sperare che Milano sappia cogliere questa opportunità per ritrovare se stessa.
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