S cendono in piazza a Torino, Firenze e Bari, a quattro giorni dalla fine del blocco dei licenziamenti, il primo luglio. Le manifestazioni sono collegate virtualmente da tre maxi schermi, i leader di Cgil Cisl e Uil insistono, chiedono una proroga del blocco per tutte le imprese - senza distinzioni - fino al 31 ottobre. Avvertono del rischio «bomba sociale» e invocano una marcia indietro del governo Draghi: «Che faccia questo atto di attenzione verso il mondo del lavoro, è il momento di unire, non di dividere e non è il momento di ulteriori fratture sociali». Il leader della Cgil Maurizio Landini da Torino lancia la palla all'esecutivo: «Noi siamo pronti a confrontarci e trovare le soluzioni più intelligenti», ma poi avverte che non dovessero arrivare risposte «valuteremo insieme a Cisl e Uil che cosa fare. Io mi auguro che prevalga la responsabilità e l'intelligenza di tutti». Non solo la proroga della moratoria, anche la riforma degli ammortizzatori sociali e nuove politiche attive per il lavoro, sono le richieste scandite da Landini dal palco: «Le riforme e gli investimenti che vanno fatti debbono creare lavoro stabile, basta precarietà e soprattutto è importante che tutte le persone che lavorano abbiano gli stessi diritti e le stesse tutele».
Da Firenze il leader della Cisl Luigi Sbarra ricorda che la mancata proroga - era fallito il tentativo del ministro del Lavoro Orlando di inserirla nel decreto Sostegni bis - «è stato un inciampo serio, un esempio dei danni che si possono fare quando non si segue la bussola del dialogo sociale». I nuovi licenziamenti «andrebbero ad aggiungersi al milione di posti di lavoro che abbiamo perso negli ultimi 15 mesi».
L'impatto occupazionale della fine della misura è stato calcolato dall'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) in circa 70mila posti a rischio, diversamente dalle iniziali stime che li quantificavano in 600mila. Secondo il presidente dell'Upb Giuseppe Pisauro le perdite saranno concentrate soprattutto nell'industria e «saranno plausibilmente scaglionati nel tempo man mano che si concretizzano le opportunità di turnover e di ricomposizione degli organici». Da piazza Santa Croce a Firenze, la Cisl ricorda al governo la necessità «urgente» di «un confronto unitario di ascolto e dialogo per arrivare a negoziare un nuovo e moderno patto sociale», dice Sbarra. Mentre da Bari arriva l'allarme del segretario generale della Uil Pier Paolo Bombardieri sul rischio di tensioni sociali: «Bisogna fare attenzione, ci sono crisi e situazioni che rischiano di esplodere, dobbiamo evitare che questo diventi una bomba sociale a partire dal primo luglio». Il pericolo di tensioni sociali «noi lo denunciamo da un po' di tempo - precisa - quando lo facciamo noi ci dicono che siamo dei terroristi, noi abbiamo, purtroppo o per fortuna, la capacità di ascoltare le persone che soffrono, che oggi vedono messo a rischio il loro futuro». E ancora: «Agli economisti che chiusi in camera non vedono i licenziamenti dico venite qua. Quando ci dite non ci saranno licenziamenti vi diciamo, perché tanta fretta di cominciare a licenziare dal primo luglio?».
Toni smorzati dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta secondo cui sarebbe «folle avere un conflitto sociale con il boom economico», viste anche le stime ritoccate al rialzo due giorni fa dall'agenzia di rating S&P, che fissa la crescita del Pil italiano al 4,9% per il 2021 e per il 2022.
Ma a preoccupare i sindacati è anche la geografia della ripresa «che deve essere il faro per la massima coesione sociale, in grado di creare lavoro stabile e sicuro, a partire dai giovani, dalle donne e dal Mezzogiorno».
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