"Minigonne vietate". E l'Olanda ferita si sottomette all'islam

Esplode l'indignazione per il divieto imposto nel sobborgo di Amsterdam. Dall'omicidio di Pym Fortune a Van Gogh, storia di un modello culturale in crisi

"Minigonne vietate". E l'Olanda ferita si sottomette all'islam

«Amsterdam non è la città del peccato, è la città della libertà. Anche di peccare». L'aforisma valeva un tempo, ora forse non più. Almeno a giudicare dalle istruzioni inviate dai dirigenti della municipalità di Nieuw-West, popoloso distretto cittadino, al personale femminile: per chi è a contatto con il pubblico vietate gonne sopra il ginocchio e stivali. Semplici consigli di bon ton? A dubitarne sono in molti, perché Nieuw West, 140mila abitanti, è una delle aree cittadine con la più alta percentuale di immigrati musulmani. E lo stesso presidente del consiglio di zona, nato in Marocco e poi emigrato, viene da una famiglia di sane tradizioni islamiche. Così, tra i sindacati dei dipendenti pubblici e sui social network, e nonostante le smentite della municipalità che parla di un episodio specifico e di semplice rispetto per i visitatori, è esplosa l'indignazione. I partiti di destra hanno visto nella vicenda non solo il tradimento di una cultura secolare di tolleranza, ma anche l'ennesima sottomissione ai costumi di un islam retrogrado e non omologabile ai valori dell'occidente.

A dare fuoco alle polveri da queste parti basta poco: la città è stata tra le prime a mostrare le crepe profonde del tradizionale modello multiculturale. L'uccisione di Pym Fortune, politico liberal-conservatore e anti-islamista, è del 2002, quella del regista Theo Van Gogh, assassinato per il suo film Submission, del 2004. Da allora le tensioni sono latenti. Da una parte ci sono quartieri come Slotervaart (che fa parte proprio della municipalità di Nieuw-West) dove il 33% degli abitanti è di origine marocchina, il 21% turco, il 5% del Suriname, a cui si aggiunge un altro pugno di nazionalità extra europee. Dall'altra l'ormai minoranza bianca attratta in modo sempre più irresistibile dal Partito della Libertà (in sigla PVV) di Geert Wilders, che secondo i sondaggi di queste settimane è ormai di gran lunga il primo nel Paese. Per Wilders l'ultima tribuna, pochi giorni fa, è stata un'aula di tribunale.

Nel 2014, durante un comizio aveva detto: «Vogliamo meno marocchini in questo Paese». Così è finito di nuovo sotto processo con l'imputazione di incitamento all'odio razziale, dopo essere stato a suo tempo assolto per aver paragonato il Corano al Mein Kampf hitleriano. «Non ho detto che i marocchini debbano lasciare il Paese o che tutti i marocchini sono cattivi», ha spiegato in aula. «Ho parlato di meno marocchini perché è quello che voglio e con me lo vogliono milioni di cittadini olandesi».Queste parole, l'intero processo, e perfino il Rokjesgate, come già i giornali lo hanno chiamato (rokjes in olandese sono le gonne), non faranno altro che approfondire il fossato tra i due mondi, che si fronteggiano litigando su tutto: oggi per le minigonne e ogni inverno per lo Zwarte Piet, letteralmente «Pietro il nero», lo schiavo africano di San Nicola. Il santo porta i regali ai bambini buoni, lo Zwarte Piet punisce quelli cattivi: nelle recite scolastiche, secondo la tradizione secolare, viene (o veniva) raffigurato con pelle scurissima, naso grosso, labbroni e orecchini.

L'anno scorso è intervenuta perfino una commissione dell'Onu per dire che si trattava di una inaccettabile discriminazione di chi proviene dal continente africano, ogni dicembre le polemiche esplodono. Mettere insieme i quartieri con le donne velate e quelli a luci rosse (10mila le prostitute ufficialmente censite in città) sembra un'impresa impossibile. La tolleranza degli uni si scontra con i tabù degli altri.

«Una volta, quando arrivava l'estate, io e le mie amiche ci mettevamo in topless a prendere il sole sul terrazzo», ha spiegato a un quotidiano una signora che vive in uno dei quartieri a maggior tasso di immigrazione. «Oggi non posso più. Ho paura delle reazioni dei miei vicini».

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