Quando è all'estero si occupa di politica interna e quando è in Italia sta sempre fuori dal ministero degli Esteri. La scorsa settimana è andato in Campania, a Villaricca, Volla, Pozzuoli, Pomigliano, per piantare alberi e farsi fotografare con in mano la vanga. Per questo fine settimana ha invece già annunciato il suo arrivo a Valguarnera Caropepe per una spettacolare tre giorni siciliana, perché «noi del M5s siamo in prima linea». Più che in prima linea, Luigi Di Maio è il ministro dell'altrove. Atteso in queste ore in Giappone, per rappresentare l'Italia al G20, Di Maio ha rinunciato e spedito la viceministra Emanuela Del Re a causa dei suoi inderogabili appuntamenti. Ma quali sono? Incontri a Castelvetrano, Ispica, Rosolini e Noto. Folgorato dall'esempio di Matteo Salvini, ministro di movimento, Di Maio ha scelto di emularlo e di fare il ministro a ore, nei ritagli tra una diretta televisiva e un caffè al Bar Carlo di Pomigliano d'Arco.
Basta prendere la sua agenda per accorgersi che anziché portare l'Italia nel mondo fa il giro delle province per fare campagna elettorale (e pure male) per il M5s. Un mese fa, il 20 ottobre, era in visita a Matera (almeno ha imparato in quale regione si trova). Dai «sassi» trova il tempo per una diretta Facebook e per parlare di grandi evasori. Due giorni dopo è in Umbria, a Campello sul Clitunno e poi a Trevi, Villa Fabbri, per sostenere il suo candidato Vincenzo Bianconi. Ci prende gusto. Il giorno dopo si dirige a Gubbio e Terni e la sera a Porta a Porta dove parla di ricollocamenti (ma non è compito del ministro Luciana Lamorgese?). Il 25, da Perugia, interviene sulla manovra, ma si collega anche in radio a Un giorno da pecora e non per discutere di bilaterali, ma della rottura dell'amicizia con Salvini. Solo il silenzio elettorale lo ferma. Il 28 ottobre è a Sky Tg 24, per commentare la sconfitta umbra e confermare la fine dell'esperimento locale con il Pd.
Il giorno dopo va al Maurizio Costanzo Show per cantare Napul'è e promettere il voto ai sedicenni. Dopo questa sbornia pop, lo si immagina riprendere i testi di geopolitica e invece il suo assillo qual è? Fare dichiarazioni contro radio radicale che «si è presa 250 milioni di fondi pubblici». Finalmente, il primo novembre, fa quello che dovrebbe fare. Prende l'aereo e va in Marocco per incontrare il capo del governo Saadeddine El Othman. Si dirà: parleranno di Africa, Medio Oriente. Sì, forse, ma nel frattempo Di Maio scrive sui social per ribadire il suo no alle coalizioni. Per non disfare la valigia, il 3 novembre vola in Cina, potenza che potrebbe interessarsi alla nostra scalcagnata Ilva. Ma, purtroppo, Di Maio neppure a Pechino può dimenticare la battaglia del M5s sul salario minimo e dire la sua su un'altra grande questione di politica internazionale: l'arresto di Antonio Nicosia, un portaborse «membro del comitato nazionale dei radicali italiani».
L'Italia però gli manca e l'8 novembre torna e va al forum dell'Ansa dove tiene banco il caso Ilva - dichiara guerra alla multinazionale indiana e poi, visto che non guasta mai, alla Lega che, a suo dire, avrebbe investito 300 mila euro su Arcelor Mittal. Anche da Bruxelles, ed è l'11 novembre, si collega con Uno Mattina per dare il buongiorno agli italiani. La Ue, i trattati? No. Il suo cruccio, e lo scrive ancora sui social, è che «Berlusconi non risponde al processo sulla trattativa». Il 12 va ospite a Rete4 mentre il 13 a Radio24. Il 14 novembre è invece a Washington e cosa dichiara alla stampa? Che «il movimento è solido e che le polemiche sono artefatte». È negli Usa, ma in pratica pensa a Barbara Lezzi che ce l'ha con lui e che al posto dell'Ilva sogna l'allevamento di cozze. Deve tornare. E infatti, il 15, atterra a Roma per pubblicizzare il suo tour in Campania dal 16 al 17 e la sua intervista a Nove.
Poi certo c'è Venezia in ginocchio, ma Di Maio sceglie di polemizzare con Luca Zaia. Gira addirittura un video per dire che «è inopportuno che un governatore si metta a fare campagna elettorale». Come se lui facesse il ministro degli Esteri.
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