Troppi tagli, faremo la guerra dei bottoni

Abbiamo praticamente azzerato i nostri apparati offensivi e difensivi. Il ministro Pinotti al massimo darò battaglia in merceria

Troppi tagli, faremo la guerra dei bottoni

Abbiamo l'Isis sotto le finestre, gridiamo alla guerra, ma non siamo capaci di farla. Quando il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni alza la voce e minaccia di sparare forse non scherza, probabilmente è in buona fede, crede davvero di avere la pistola carica, però non è informato e si illude di spaventare i fondamentalisti del califfato, i quali invece sono informatissimi sulla nostra debolezza bellica. L'Italia, come tutte le nazioni europee, eccetto l'Inghilterra (erede di una fulgida tradizione militare), è stata talmente scioccata dai conflitti mondiali che solo a ricordarli va in catalessi. E ha delegato gli Stati Uniti alla tutela della propria sicurezza, salvo accusarli - quando provvedono a menare le mani in sua vece - di essere guerrafondai.

In un recente passato uomini di governo (progressisti, ovviamente) hanno partecipato a marce e manifestazioni di protesta finalizzate a smantellare basi americane nel Nordest, considerate emblemi dell'odiato militarismo degli yankee. Gli italiani dicono di confidare nella comunità internazionale: in caso di controversie - pensano - tocca all'Onu dirimerle, possibilmente con mezzi pacifici; e qualora comincino a tuonare i cannoni, si aspettano che sia la Nato ad armarsi e partire.

Cosicché abbiamo pressoché azzerato i nostri apparati offensivi e perfino difensivi, limitandoci a inviare truppe nelle zone dove si combatte, ad esse comandando di non premere mai per prime il grilletto. Rispondere al fuoco solo in situazioni disperate: questo è l'ordine. Tant'è che le nostre missioni sono immancabilmente definite di pace. In pratica i soldati del tricolore hanno un ruolo simile a quello delle crocerossine; il che non impedisce loro di lasciarci la pelle - spesso - proprio perché le regole di ingaggio li penalizzano: guai a tirare un colpo che non sia di rimando. Già. Su questo punto la Costituzione è chiara. L'Italia ripudia la guerra.

La ripudia talmente tanto d'aver abolito anche l'ipotesi di un conflitto che la coinvolga. Soltanto Gentiloni ha osato pronunciare frasi bellicose. Forse aveva esagerato con l'aperitivo. Gli segnaliamo che da anni non esiste più la leva obbligatoria, abbiamo un numero esiguo di carrarmati, disponiamo delle Frecce tricolori cui assegniamo il compito di effettuare esercizi da circo equestre in versione aeronautica: difatti, durante la Guerra del Golfo, i nostri decantati Tornado sono stati costretti ad atterrare per cause di forza maggiore dieci minuti dopo il decollo. Figura di palta: una scena che sembrava prelevata dalla sceneggiatura di un film di Totò.

Questa è la realtà della Patria che comunque è in folta compagnia: la Germania, ad esempio, non sta molto meglio, avendo rimosso (per sempre?) il ricordo dell'armata invincibile di Hitler oltre che degli orrori di cui essa fu artefice. L'Europa è imbelle e i tedeschi, in occasione dell'aggressione alla Libia (2011), furono gli unici a non contribuire alla caccia a Gheddafi. L'Ue, nel timore di intervenire in un conflitto, non si è data né una politica estera né un esercito comuni, quasi che le liti internazionali non fossero neppure da prendersi in seria considerazione. Il concetto di guerra è stato depennato, e i popoli del continente (sempre escludendo gli inglesi) sono persuasi che la pace eterna non si conquisti soltanto andando all'altro mondo, ma anche restando a lungo in questo. C'è una lotta armata da qualche parte del globo? Si arrangino gli americani che sono abituati ai duelli con la Colt dai tempi del Far West. Ci hanno tolto dalle pesti una settantina di anni orsono, continuino a farlo: a loro piace morire da eroi, noi preferiamo esalare l'ultimo respiro a casa, magari col prete accanto al letto che ci somministra l'estrema unzione. Così andiamo in paradiso, pur sprovvisto delle mitiche 77 vergini garantite da Allah ai suoi servitori fedeli. Ciascuno ha il proprio credo e non è detto sia più ingenuo di quello altrui.

Noi italianucci siamo padroni del nostro destino, talmente cinico e baro che non siamo all'altezza di batterlo nemmeno qualora si tratti - come accade nella presente congiuntura - di fare a botte con gli scafisti impegnati a riempirci la penisola di clandestini e rifugiati (non ho ancora capito come chiamarli) che altri Paesi, gli stessi che ci fanno la morale, respingono a fucilate. I suddetti scafisti ci rifilano centinaia di poveri cristi, ce li buttano sulle nostre navi, poi si allontanano portandosi via le loro carrette galleggianti e, se cerchiamo di fermarli, ci sparano addosso per invitarci perentoriamente a smammare. E noi? Obbediamo.

Conciati in questo modo vogliamo

fare la guerra (dei bottoni?) ai bastardi dall'Isis, sbarcando in Libia. Alla gentile signora Roberta Pinotti, con tutto il rispetto, suggeriamo di chiudere l'esperienza al ministero della Difesa e di aprire una merceria.

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