"Il mio compleanno tra i contagiati Covid. E accanto a noi c'era anche sorella morte"

Il giornalista: "Salvo grazie alla preghiera, ma in tanti non ce l'hanno fatta"

"Il mio compleanno tra i contagiati Covid. E accanto a noi c'era anche sorella morte"

La voce di Paolo Brosio è un flusso di speranza. Il tono, a volte, si incrina; subentrano i silenzi, che però dicono più delle parole. Paolo ha visto la morte in faccia, ha sentito il suo odore. Ma dopo giorni di lotta nel centro anticovid dell'Istituto clinico Casalpalocco Roma 10, ha sconfitto la «brutta bestia» che voleva ucciderlo: «Mi sono salvato con la forza della preghiera e della fede - racconta al Giornale dal letto dell'ospedale che abbandonerà a breve -. Io ce l'ho fatta, purtroppo il paziente che era ricoverato nella stanza a fianco se l'è portato via il Coronavirus. Per giorni ho sentito i suoi lamenti. Io facevo toc toc sul muro per farlo sentire meno solo, lui mi rispondeva con lo stesso toc toc per farmi sentire meno solo. Ma un brutto giorno ho atteso invano. Solo silenzio. Il silenzio della morte».

Il Covid è un killer spietato: colpisce senza darti la possibilità di abbracciare, per l'ultima volta, gli affetti più cari. È una strage impietosa che dura da mesi. Impossibile abituarsi. L'addio senza un addio dilania cuore e anima. Sia di chi «parte», sia di chi resta. Tormentandoci coi rimorsi, i rimpianti su «cosa potevamo fare di diverso» e «non abbiamo fatto». E quell'accusa infame, che più tenti di scacciare e più di perseguita (ti perseguiterà per il resto dei tuoi giorni): «Era vecchio e indifeso. E tu l'hai abbandonato!».

Paolo Brosio è ancora giovane e dal Covid è riuscito a difendersi da solo: «Il mio fisico ha reagito alla grande, l'aver praticato sempre sport è stato importante. Quando mi sono accorto che nei miei polmoni c'era qualcosa che non andava stavo per entrare nella casa del Grande Fratello Vip. Per fortuna ho fatto l'ennesimo tampone (tutti gli altri erano risultati negativi) ed è venuto fuori che avevo il Covid. Immediato il ricovero. Oggi, dopo 13 giorni di isolamento, sono guarito. La carica virale si è esaurita. Spero presto di tornare a lavorare». Eppure le cicatrici restano: «È stata un'esperienza di enorme valore umano e spirituale. Se non avessi avuto la preghiera come valvola di sfogo sarei impazzito. Durante la sofferenza, con me, sempre un'ostia consacrata e la corona del Rosario. Quando intorno a te vedi solo medici e infermieri vestiti come extraterrestri, non cedere allo sconforto è impresa ardua. Mi metto nei panni di un anziano che improvvisamente si ritrova solo con se stesso. Come unica compagna, lei: la malattia. Deve essere terribile. A loro dico: pregate la Madonna, lei vi tenderà quella mano che figli e nipoti non possono più allungarvi».

Brosio ha festeggiato ieri, qui nel letto dell'Istituto clinico Casalpalocco - il suo 64° compleanno che è stato, al tempo stesso, il più bello e il più brutto della sua vita: «Ho vissuto in questi giorni sensazioni contrastanti, dall'angoscia del contagio alla gioia per il pericolo scampato. Ma ho potuto toccare con mano anche l'incredibile abnegazione con cui medici e infermieri sono a fianco di chi è vittima della disavventura-Covid».

Paolo sarà dimesso tra pochi giorni, il suo desiderio più grande è riabbracciare la mamma, la mitica signora Anna, 100 anni: «Improvvisamente non ha avuto più mie notizie. Forse ha pensato che fossi morto»

Infine una richiesta «da collega a collega»: «Appena puoi accendi nella tua chiesa una candelina per me a per la mia mamma».

Sarà fatto. E auguri a entrambi.

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