Spunta Emis Killa nell'elenco delle persone perquisite nell'inchiesta che ha portato all'arresto di 19 capi ultrà di Inter e Milan. Il rapper milanese 34enne, all'anagrafe Emiliano Rudolf Giambelli, non è indagato. Il suo nome compare negli atti perché in «rapporti», così come Fedez e altri cantanti, con Luca Lucci, capo ultrà rossonero ora in cella. Dopo la perquisizione «presso terzi» a Emis Killa, sono stati sequestrati 40mila euro in contanti, coltelli, tirapugni, mazze e uno storditore.
Tra gli oltre 50 perquisiti due giorni fa, indagati e non, figurano poi Nino Ciccarelli, storico esponente della Curva nerazzurra, Loris Grancini, capo ultrà della Juve, Giancarlo Lombardi, detto «Sandokan», ex capo ultrà rossonero. Nelle carte dell'inchiesta dei pm Paolo Storari e Sara Ombra è riportato che «sono emerse le ambizioni imprenditoriali di Lucci: il suo ruolo di capo della Curva Sud gli ha consentito di tessere, soprattutto con noti artisti italiani (Fedez, Emis Killa, Lazza, Tony Effe, Cancun, Guè Pequeno), relazioni di carattere lavorativo nel settore musicale». Questo gli ha permesso, scrive il gip, «di aumentare in maniera esponenziale, e con pochissimi controlli, i propri guadagni, avviando preliminari accordi tesi a gestire i concerti di tali artisti, sia sul territorio nazionale (ed in particolare in Calabria), sia internazionale, facendo leva sull'intraprendenza del suo fedelissimo Hagag Islam (pure arrestato, ndr), già in contatto con alcuni imprenditori operativi nel settore, molti dei quali di origine calabrese». Nell'ordinanza si legge anche della presenza di Emis Killa a San Siro per Milan-Torino dello scorso 17 agosto insieme a Lucci. I due avrebbero «preso posto negli Skybox». Lucci era là «in virtù di un'autorizzazione rilasciata dal Tribunale di sorveglianza, perché affidato in prova».
Su Emis Killa è emerso dell'altro. Il rapper è stato identificato, assieme a ultrà rossoneri come Francesco Lucci, fratello di Luca, nel contesto di una «aggressione» a uno steward di San Siro per il match Milan-Roma dell'11 aprile scorso. Un episodio che, scrivono i pm nella richiesta cautelare, delinea «la pericolosità del tifo organizzato del Milan» e «conferma che lo stadio di San Siro è fuori controllo». Lo steward aveva «cercato invano di impedire che ai tornelli transitassero due individui muniti di un unico biglietto (cosiddetta doppietta), venendo per tale ragione aggredito dagli ultras». Il rapper, come si legge, in base alle «immagini estrapolate» delle telecamere di sorveglianza risulterebbe essere stato presente ai fatti insieme a una quindicina di violenti.
Nell'inchiesta si dà conto infine di un ulteriore fatto, che dimostra i «rilevanti» rapporti tra Luca Lucci e gli ultrà del Napoli. In particolare con uno degli esponenti di spicco delle tifoserie della squadra partenopea, non in rapporti con il club, al quale avrebbe procurato «centinaia di biglietti» per un incontro dei quarti di finale di Champions League destinati, scrive il gip, «almeno in parte (...), ad appartenenti a clan mafiosi della città partenopea». Il 12 aprile dell'anno scorso, quando i due si incontrano davanti a un bar di Cologno Monzese, Lucci riceve i ringraziamenti dal suo interlocutore, «uno dei capi ultras del rione Sanità della tifoseria napoletana». Poche ore dopo ci sarà la partita. Ecco il dialogo intercettato: De Marino: «Ci siamo ritrovati tutti i clan di...» Lucci: «Si si si» De Marino: «Considera... io c'ho mio fratello qua che sta a Opera, detenuto da anni qua, che mi ha avvertito mio fratello dal carcere, se sapevo (fon) di questi biglietti...
» Lucci: «Si si, va bene, sono scelte vostre, scelte giuste» De Marino: «In questo momento era la vera... ci saremmo trovati tutti, tutti clan di Napoli dacci i biglietti, dacci 5 biglietti, non ce ne saremmo usciti più!».
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