«È una grande perdita, perché era un uomo meraviglioso». Su Facebook Alex Kay Potter commenta la scomparsa del marito Pete Reed, 34 anni, medico americano morto venerdì a Bakhmut, ucciso da un missile russo che ha colpito l'ambulanza dove si trovava per assistere i feriti. Alex e Pete avevano fatto del loro matrimonio una sorte di missione in difesa degli oppressi. Lei, infermiera e fotografa, aveva raccontato attraverso i suoi scatti struggenti le storie degli ultimi in Irak, Siria e Yemen. Pete, medico che aveva prestato servizio in Afghanistan come fuciliere dei Marines, dal 2015 aveva intrapreso un percorso di formazione sanitaria nel nord dell'Irak, a sostegno delle forze curde, fondando assieme alla moglie negli anni successivi una Ong internazionale, la Global Response Medicine, che fornisce cure di emergenza in zone di guerra ed è gestita quasi in via esclusiva da veterani dell'esercito Usa.
«Stava evacuando i civili e curando i feriti quando la sua ambulanza è stata colpita dal fuoco russo a Bakhmut. È morto facendo ciò che gli dava la vita e ciò che amava, e salvando un membro del suo team con il proprio corpo», ha aggiunto Alex sui social. Reed era arrivato da poche settimane nel Donbass, trovandosi di fronte l'inferno. Non a caso proprio su Facebook aveva lanciato un appello a medici volontari americani perché lo raggiungessero. «Vi prego, schieratevi con noi. Regalateci tre settimane del vostro tempo. Qui abbiamo bisogno di tutto, i feriti si contano a centinaia», scriveva appena lunedì scorso. La notizia della morte di Reed arriva circa un mese dopo la scomparsa dei volontari britannici Andrew Bagshaw e Chris Parry durante una missione di evacuazione nella vicina città di Soledar. I loro corpi sono stati restituiti ieri dai russi per il rimpatrio delle salme. Lo stesso giorno in cui Reed è stato ucciso, altri due medici volontari stranieri sono stati feriti in un attentato a Bakhmut. Sono i norvegesi Sander Sorsveen Trelvik e Simon Johnsen, che lavoravano per l'organizzazione no-profit Frontline Doctors. Portati in un ospedale di Dnipro per un intervento chirurgico, per fortuna non versano in gravi condizioni.
Nel 346º giorno di combattimenti l'esercito russo ha attaccato in quattro direzioni in Donbass, le forze ucraine hanno respinto gli assalti nelle aree di nove insediamenti. Nel frattempo si segnalano grandi manovre a Mariupol, la città martirizzata nei primi mesi del conflitto. Sono arrivati circa 15mila soldati, che vanno ad aggiungersi agli altri 15mila già presenti. Secondo gli analisti potrebbero spingersi verso Nord per dare manforte alla Wagner e da Bakhmut sferrare un attacco in direzione di Dnipro e Poltava. Bombardate le regioni di Chernihiv e Kharkiv. Pioggia di missili anche nel distretto di Nikopol (Dnipropetrovsk). La controffensiva di Kiev è avvenuta nei territori di Kherson e Zaporizhzhia, senza apprezzabili risultati. Per ricostituire le perdite, i russi si affidano alle donne in carcere. Nei giorni scorsi, scrive la stampa ucraina, ne hanno reclutate 150 dalla colonia correzionale femminile di Snizhne (Donetsk), inviate a Belgorod per la formazione.
Dopo il bombardamento di venerdì, la centrale elettrica di Odessa è tornata in funzione parziale. In serata l'intelligence di Kiev ha fatto sapere che dall'aeroporto Machulyshchi, in Bielorussa, potrebbe partire uno squadrone di MiG-31K, per un vasto attacco aereo.
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