Abdel Karim Mahmoud, capo di Stato maggiore dell'esercito siriano, sta facendo il possibile per rafforzare le difese nella città di Hama. Se i ribelli di Hayat Tahrir al Sham, e delle fazioni alleate, dovessero varcare la linea del fronte, Damasco cadrebbe entro un paio di giorni. Per queste ragioni ieri si è recato sul posto per valutare la situazione. «Abbiamo rafforzato le linee difensive con ogni tipo di materiale e personale militare durante la notte. Stiamo facendo il possibile per frenare qualsiasi avanzata», ha raccontato, anche se sette aree a Nord sono cadute. Ad aiutare Assad c'è la Russia, che ha ripreso a bombardare Aleppo, come non accadeva dal 2016.
Mosca ha fatto sapere che i suoi caccia stanno collaborando con l'esercito siriano per respingere i ribelli nelle province settentrionali di Idlib, Hama e Aleppo (518 i morti, un migliaio di sfollati e gli occhi puntati degli Usa). Difesa e sostegno incondizionato sono stati garantiti da Putin nel corso di una telefonata con Assad, che teme che i ribelli vogliano «ridisegnare la mappa della regione». Lo zar del Cremlino ha discusso delle medesimo problematiche con l'omologo iraniano Pezeshkian.
Teheran non resta a guardare, tant'è che alcune sue milizie sono entrate in Siria dall'Irak (che di conseguenza ha inviato veicoli corazzati per rafforzare il suo lungo confine) domenica notte attraverso il valico di Al Bukamal per dirigersi verso il Nord del Paese (puntualmente prese di mira dagli americani). Se dai cieli i potenti caccia Sukhoi Su-57 fanno il bello e cattivo tempo (18 morti ieri tra i civili, 92 in tutto), sul campo Mosca incontra seri problemi. Il capo del quartier generale a Hmeymim (Latakia), il generale Alexander Zhuravlev, ha dichiarato che la situazione è fuori controllo e che esiste il concreto rischio di uso di armi chimiche. Il personale militare e diplomatico russo ha iniziato a lasciare Damasco. I russi sarebbero fuggiti dalla base militare di Khan Shaykhun (Idlib), abbandonando un arsenale di armi. E mentre i curdi sono impegnati nell'evacuazione dei civili da Aleppo, e la Cina si è detta disposta a sostenere la causa di Assad, Hezbollah al momento non invierà uomini.
Un difficile cessate il fuoco è nelle mani della diplomazia. Per il vice ministro degli esteri di Mosca Rudenko non sarebbe da escludere un incontro trilaterale con Turchia e Iran per valutare lo stato delle cose. «Per ora manteniamo contatti stretti e regolari in tempo reale con tutti i principali attori». L'Iran chiede alla Turchia un passo indietro nel soccorso ai ribelli. Ne ha parlato il capo della Diplomazia di Teheran, Abbas Araghchi, ieri ad Ankara dove ha avuto colloqui con l'omologo turco Fidan, e con il presidente Erdogan. Araghchi, che ritiene fondamentale la presenza turca nel processo di Astana (gli incontri in corso dal 2016 tra Turchia, Russia e Iran per trovare una soluzione), ha condannato Usa e Israele, ribadendo che «i terroristi che minacciano la Siria hanno stretti legami con Washington e il regime sionista».
Dal canto suo Fidan, che ha avuto un colloquio telefonico anche col segretario di Stato Usa Blinken, è convinto che sarebbe un errore attribuire responsabilità all'ingerenza straniera, semmai è
stata l'assenza di dialogo tra regime e opposizione a portare il problema a questo punto». Usa, Francia, Germania, Gran Bretagna e Lega Araba chiedono con forza una de-escalation, mentre gli Emirati si schierano con Assad.
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