Mosca insiste: "Terroristi pagati da Kiev"

Prosegue la narrazione del Cremlino. Precipita un caccia russo: "Abbattuto da fuoco amico"

Mosca insiste: "Terroristi pagati da Kiev"
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Ripetere, ribadire, diffondere e far divulgare agli amici quanto più possibile una menzogna, è il metodo preferito dai regimi per instillare il dubbio che ci sia perlomeno qualcosa di vero in quanto si dice. E così, nonostante tutto faccia propendere per il contrario, dalle parti del Cremlino continuano senza sosta ad affannarsi nel provare a dare colpe all'Ucraina per l'attentato al Crocus City Hall. L'ultimo capitolo di questa saga fantasy, arriva dal Comitato investigativo russo che ha affermato di avere fermato una persona accusata di essere coinvolta nel finanziamento ai terroristi che, ovviamente, proverrebbe dall'Ucraina, più precisamente ai non meglio precisati «nazionalisti ucraini» che avrebbero pagato in criptovalute gli assalitori. Gli stessi che, prime delle botte e delle torture, avevano affermato di essere stati pagati in contanti.

Se Kiev ha respinto da subito ogni accusa, anche gli Stati Uniti (accusati di complicità così come il Regno Unito) replicano con sdegno alle tesi russe, accusando ancora una volta Mosca di aver ignorato gli alert inviati sull'organizzazione di possibili attentati. «Lo Stato islamico è l'unico responsabile dell'attacco anche se il Cremlino sta cercando di incolpare le autorità ucraine», ha detto il coordinatore per le comunicazioni strategiche al Consiglio per la sicurezza nazionale Usa John Kirby aggiungendo che «abbiamo inviato informazioni chiare e dettagliate ai servizi di sicurezza russi, in merito ai preparativi di attacchi terroristici contro concerti o eventi simili in Russia: e il Cremlino lo sa». Intanto due fermati per l'attacco, non accusati di essere tra gli autori materiali, si sono dichiarati innocenti e hanno presentato ricorso. I due, padre e figlio, arrestati insieme a un terzo congiunto, sono accusati di avere venduto agli autori dell'attentato l'auto con cui sono fuggiti dopo la strage.

Intanto, mentre Putin continua a disertare il luogo dell'attentato per paura di possibili contestazioni (e non solo), la fitta rete di propaganda russa in Europa inizia a trovare ostacoli. I servii segreti polacchi avrebbero trovato tracce concrete di attività di spionaggio condotte in nome della Russia contro Stati e istituzioni dell'Unione Europea. Aperta un'indagine ufficiale, stesso passo compiuto dalle analoghe autorità della Repubblica Ceca. L'obiettivo della rete era «raggiungere gli obiettivi di politica estera del Cremlino, in particolare indebolire la posizione della Polonia sulla scena internazionale, screditare l'Ucraina e l'immagine delle istituzioni dell'Unione europea» ma anche influenzare le elezioni del Parlamento Ue in vari paesi europei anche grazie al finanziamento della campagna elettorale di alcuni politici. Secondo fonti ceche, i pagamenti avrebbero riguardato politici di Belgio, Francia, Germania, Ungheria, Paesi Bassi e Polonia.

Nel frattempo la guerra non si ferma e oltre all'ormai tristemente solito lancio di razzi russi (ieri nuovamente colpita Kharkiv), fa rumore lo schianto di un aereo militare russo al largo della costa di Sebastopoli, in Crimea. Mosca tace sulle cause dell'incidente ma è ovvio chi accuserà, mentre le forze di Kiev parlano di un clamoroso caso di auto sabotaggio. Ad abbattere il jet sarebbe infatti stata la contraerea russa che non avrebbe riconosciuto il proprio aereo in volo.

A dimostrazione invece di come in Russia ogni forma di dissenso e di democrazia non sia tollerata, ieri sono stati arrestati altri cinque giornalisti che lavorano per media indipendenti, tra cui quattro donne. In manette Ekaterina Anikievitch, Konstantin Jarov, Antonina Favorskaya, Alexandra Astakhova e Anastassia Moussatova. Jarov ha denunciato di essere stato anche aggredito e picchiato dagli agenti di polizia.

I giornalisti sarebbero finiti nel mirino del regime soprattutto per le attività investigative intorno alla figura di Alexei Navalny, il principale oppositore di Putin ucciso in carcere lo scorso febbraio. Ma che, evidentemente, continua a infastidire il Cremlino e a far paura.

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