Come un gatto in tangenziale. «L'Europa non durerebbe una settimana senza il gas russo». La madre di tutte le sanzioni anti-Putin viene vista dall'ex presidente russo e vice presidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, Dmitry Medvedev, come il più classico karakiri che il Vecchio continente potrebbe infliggersi. La misura è così estrema da essere finora rimasta nel cassetto e confinata al ruolo di minaccia. Anche ora che è ormai in dirittura d'arrivo il sesto pacchetto di misure di ritorsione incardinato sulla rinuncia graduale all'import di petrolio, un modello già sperimentato con il carbone, senza precludere l'introduzione di un price cap per evitare che il Cremlino faccia più cassa, finanziando la sua guerra.
Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha chiesto ieri all'Europa di «restare unita» sulla condanna a Mosca e sulle sanzioni, ma ha citato due tra gli elementi più divisivi, il recovery di guerra e il tetto al gas. Il primo è finito sul binario morto ancor prima di partire; sull'altro, le bocce restano ferme. In ragione di una dipendenza pari al 40% del fabbisogno, la Germania ha più volte opposto il proprio nein all'embargo del metano. A dar man forte, è perfino intervenuta la Bundesbank che paventa un contraccolpo sull'economia da 180 miliardi di euro quest'anno in caso di chiusura dei rubinetti. Uno choc esogeno così violento da costare all'intera Europa lo scivolamento in recessione. Gli industriali sono terrorizzati. La Basf prefigura la «peggiore crisi dalla secondo guerra mondiale», mentre la Confindustria tedesca parla di ulteriore de-industrializzazione accompagnata dalla perdita a lungo termine di posti di lavoro. Con ciò dando ragione a Medvedev, secondo cui Bruxelles ha già mostrato segni di cedimento con l'autorizzazione concessa alle aziende occidentali ad aprire un conto presso Gazprombank per pagare il gas.
«Apprezziamo la coerenza e l'integrità dei nostri partner europei. Tanto più che, secondo i recenti dati del Fondo monetario internazionale, l'Europa non durerebbe più di sei mesi senza il nostro gas. Ma parlando seriamente, non durerebbe nemmeno una settimana».
Ci sono peraltro altre voci che invitano alla cautela con le ritorsioni. Una di queste è quella del ministro del Tesoro Usa, Janet Yellen. «Imporre sanzioni sul petrolio spingerebbe al rialzo i prezzi e questo, contro-intuitivamente, ci fa capire come Mosca potrebbe operare un off-set sul minore export attraverso un aumento della valutazione del barile che venderà su altri mercati che non applichino l'embargo».
È evidente come l'ex capo della Federal Reserve parli anche pro domo sua, poiché l'esplosione delle quotazioni del greggio (JP Morgan ha stimato il barile a 180 dollari in caso di messa al bando del greggio russo) avrebbe conseguenze sull'America sotto forma di un'inflazione ancora più acuta che vanificherebbe gli sforzi, sotto forma di ripetuti rialzi dei rialzi, compiuti dalla Fed. Per Joe Biden, a pochi mesi dal voto di medio termine, sarebbe un colpo mortale.
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