Lo strappo fa male: abbandonando il circo lucano del centrosinistra per migrare verso il governatore uscente di Forza Italia Vito Bardi, Carlo Calenda (tondo in basso) e Matteo Renzi (tondo in alto) «gli portano in dote circa il 10%», constata amaramente un dirigente Pd, «mettendo in sicurezza la sua vittoria e la nostra sconfitta». Un percorso per molti versi paradossale: i centristi situati a sinistra, che scommettevano sulla possibilità di assorbire voti moderati in fuga da FI dopo la scomparsa di Berlusconi, ora si trovano sospinti verso il centrodestra. Dopo aver constato nelle ultime tornate regionali che il blocco elettorale azzurro non si scongela, anzi si rafforza a spese della Lega, mentre il litigioso e diviso centrino calendian-renziano si riduce rispetto alle scorse politiche e rischia grosso in vista delle Europee. Dopo la rottura Elly Schlein si è chiusa in un silenzio luttuoso, Giuseppe Conte ha rovesciato contumelie sui reprobi, ma non c'è dubbio che insieme i leader di M5s e Pd (il primo per disegno strategico, la seconda per semplice sottomissione ai voleri dell'alleato) abbiano scientemente operato per cacciare Azione e Iv dal «perimetro» del centrosinistra, preparando il terreno alla sconfitta del povero Piero Marrese, candidato dell'ultim'ora contro Bardi dopo il caos e le molteplici rinunce degli ultimi giorni. Una sconfitta che fa comodo a Conte, perché potrà dire (a buon rendere per le Politiche) che «con i candidati Pd si perde», mentre quale sia il tornaconto di Schlein resta un insondabile mistero.
Messi alla porta dai diktat anti-centristi di Conte (che ovviamente ha tutto l'interesse a togliere al Pd il ruolo di necessario «baricentro» della coalizione) cui Schlein si è prontamente allineata, per Calenda e Renzi la scelta era obbligata. Per primo lo ha fatto il leader di Iv, ieri è stata la volta di Azione: «Il veto del M5s su di noi è stato recepito dal Pd», dice Calenda. «Evidentemente chi decide alla fine, lì, è Conte», mentre Schlein - racconta - ha «staccato il telefono» pur di non parlare con lui e dovergli giustificare la sua decisione di assoggettarsi. Quanto a Bardi «è un moderato europeista» che si può appoggiare.
E lo schema potrebbe presto ripetersi con Alberto Cirio (sempre di Fi) in Piemonte, dove Schlein e il dinamico duo Taruffi-Baruffi, che per conto della segreteria gestisce le partite locali, hanno piazzato una candidata di partito scelta più o meno a caso, ma si dicono pronti a levarla di mezzo se solo Conte fosse così buono da dare via libera a «un candidato civico», cioè non Pd e scelto da lui. «Schlein è molto debole, e vuole spingerci nel campo del centrodestra per non avere problemi. Regalando così la leadership della sua coalizione al capo grillino», dice Calenda.
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