Trenta secondi, trentacinque al massimo. Tanto è tremata la terra in Marocco e tanto è bastato per distruggere quasi tutto e seminare morte e terrore. L'epicentro del sisma è stato localizzato a 320 km a Sud della capitale Rabat ma la scossa è stata avvertita in gran parte del Paese, fino a 400 chilometri di distanza, e anche nel Sud della Spagna e del Portogallo. Dopo la prima scossa, quella più potente con una magnitudo di 6.8, si sono verificati almeno altri dieci eventi, il più forte dei quali con magnitudo di 4.8, che hanno contribuito a dare un altro duro colpo a quelle zone già pesantemente colpite.
Ma cosa è accaduto? E perché il sisma è stato così distruttivo? Il terremoto si è sviluppato lungo la catena montuosa dell'Atlante, con un movimento di compressione generato dalla spinta della placca africana verso quella europea. Si tratta delle montagne che separano il deserto del Sahara dall'oceano Atlantico e furono scenario di un altro tremendo sisma, magnitudo 5.8, che nel 1960 ad Agadir fece circa 15mila vittime. «Il terremoto di ieri è avvenuto sullo stesso asse. I monti dell'Atlante sono una delle due zone del Marocco a maggiore sismicità. L'altra si trova lungo la costa mediterranea, dove nel 1624 a Fez è avvenuto un terremoto devastante», ha spiegato il sismologo Carlo Meletti, dell'Ingv. «La placca africana è un continente che si muove quasi come un unico oggetto e la cui spinta verso Nord interagisce con la placca europea e ha generato la catena dell'Atlante, con un movimento di tipo compressivo», continua il sismologo. «È stato il più potente terremoto registrato in quell'area da quando si studiano i fenomeni sismici, anche se quello in Turchia dei mesi scorsi, di un grado superiore, è stato 32 volte più energetico», racconta il geologo Carlo Doglioni, presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. «Si tratta di una zona attiva sismicamente, geologicamente viva, ed è naturale che vi possano essere anche eventi importanti lungo la catena dell'Atlante o anche nel Rif o in Algeria», aggiunge l'esperto che fa un esempio per facilitare la comprensione di quanto accaduto: «È stata liberata una fortissima energia, un terremoto quasi equivalente al sisma in Irpinia del 1980». Il geologo cerca di eliminare le paure riguardo un possibile effetto a catena che potrebbe interessare il nostro Paese e anche possibili correlazioni con gli eventi sismici, Campi Flegrei e Marche, avvenuti negli ultimi giorni in Italia. «A parte la notevole distanza, è stata registrata una magnitudo completamente diversa, 30.000 volte inferiore. No, non c'è nessuna relazione», assicura Doglioni. Anche Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento vulcani dell'istituto nazionale di geofisica conferma che «il fenomeno del bradisismo è completamente locale e non ha una risposta geodinamica, non risponde alle grandi spinte delle zolle».
Nessuna connessione, quindi, ma le rassicurazioni non bastano di fronte alle immagini che arrivano dal Marocco. E la preoccupazione in Campania e nelle Marche c'è e non è poca. Al punto che il sindaco di Pozzuoli Gigi Manzoni, ha annunciato che nell'incontro in programma mercoledì a Roma, chiederà al ministro per la Protezione civile Nello Musumeci specifici provvedimenti di prevenzione. Il primo punto, riguarda quello logistico per una possibile evacuazione. Le strade, a causa di mancati lavori di adeguamento, rischiano di essere totalmente insufficienti dato che si parla di più di un milione di persone potenzialmente interessate in caso di eruzione del vulcano sotterraneo dei Campi Flegrei. Al di là delle ipotesi catastrofistiche, i sindaci della zona chiedono anche un piano per il bradisismo, che affronti i problemi derivanti dal sollevamento del suolo ed i relativi problemi di sicurezza per le strutture pubbliche e private.
L'ultima scossa, giovedì scorso, ha avuto una magnitudo di 3.8 che non si registrava da 39 anni. E la devastazione in Marocco, per quanto non sia in alcun modo connessa, certo non contribuisce ad abbassare il livello di preoccupazione.
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