Cinquanta? «No, sono troppi». E allora quaranta? «Di meno». Non si sa quanti, ma è praticamente sicuro che ci saranno dei parlamentari del M5s che voteranno la fiducia a Mario Draghi mercoledì, prima al Senato e poi alla Camera. Il pallottoliere del Palazzo fissa l'asticella a trenta eletti, quasi tutti a Montecitorio, che sono già pronti ad animare una nuova scissione all'interno del Movimento. In serata il borsino dice venti deputati e due senatori che voteranno la fiducia. Una spaccatura che si è acuita durante le varie assemblee fiume che si stanno susseguendo in questi giorni. Al centro dei giochi dei governisti c'è il capogruppo Davide Crippa, protagonista di una serie di scontri all'arma bianca sia durante le varie sessioni del Consiglio Nazionale sia in assemblea. L'obiettivo potrebbe essere quello di riuscire a formare un gruppo parlamentare a Montecitorio, dove bisogna superare quota venti iscritti, mentre al Senato le defezioni saranno molte meno. Vari deputati pronti allo strappo con Giuseppe Conte confermano al Giornale i contatti con i dimaiani di Insieme per il Futuro, anche se i colonnelli del Ministro degli Esteri non vorrebbero prendersi tutti i parlamentari in libera uscita. «Qualcuno andrà nel Misto, altri con Di Maio, forse qualcuno anche con il Pd, al momento io vedo una scissione che si materializzerà in Parlamento, ma senza alcun documento», racconta una fonte di primo piano all'interno dei Cinque Stelle. E se, tra i tre ministri, la posizione di Stefano Patuanelli è indecifrabile e la pur governista Fabiana Dadone dice in assemblea che si adeguerà alla linea di Conte, allora gli occhi sono tutti puntati su Federico D'Incà, il capofila dei draghiani. Nel caso la scissione assumesse le fattezze di una mossa con una regia politica, bisognerà guardare a D'Incà, oltre che a Crippa.
Ed è proprio questa la discriminante che sarà analizzata nelle prossime ore dai governisti decisi a votare la fiducia. «Non dobbiamo uscire in ordine sparso, ci vuole un'operazione politica», insiste un deputato molto vicino al capogruppo Crippa. La differenza che passa tra una fuoriuscita spontanea di peones durante il voto e una regia concordata politicamente restituirà l'immagine della portata di una nuova scissione «draghiana» che ormai pare cosa fatta. Infatti, nonostante le smentite, circolano insistenti le voci su un documento già pronto. Scritto da Crippa e dai componenti del direttivo del gruppo alla Camera. Un testo in cui i circa trenta parlamentari filo-Draghi argomentano le loro posizioni facendo leva sulle emergenze che l'Italia deve affrontare. Problemi che renderebbero quasi drammatici gli effetti di una crisi di governo con l'epilogo del voto anticipato. I deputati che vogliono dire sì a Draghi potranno lamentare anche il «poco ascolto» delle loro istanze da parte di Conte.
«Ci siamo trovati in questa situazione perché Conte nelle ultime settimane aveva smesso di confrontarsi con noi in assemblea e si è chiuso con il suo cerchio magico», si sfoga un deputato considerato tra i partenti.
La governista Maria Soave Alemanno in un'intervista all'Adnkronos denuncia il «clima da caccia alle streghe» nel Movimento e anticipa la scissione: «Se lascio il M5s? Non confermo e non smentisco». Oltre a lei tra chi si è espresso a favore della permanenza del governo anche parlamentari in vista come Azzurra Cancelleri, Federica Dieni e l'ex ministra della Salute Giulia Grillo.
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