La Mostra in campagna elettorale

La Mostra del cinema di Venezia entra in campagna elettorale. Ieri è stato proiettato il docu-film La Marcia su Roma che ribadisce l'abusato e indimostrato parallelismo tra ascesa del Fascismo e ascesa di Giorgia Meloni

La Mostra in campagna elettorale

La Mostra del cinema di Venezia entra in campagna elettorale. Ieri è stato proiettato il docu-film La Marcia su Roma che ribadisce l'abusato e indimostrato parallelismo tra ascesa del Fascismo e ascesa di Giorgia Meloni, tra Marcia su Roma e Marcia su Capitol Hill dei fedelissimi di Donald Trump. La pellicola è stata scelta prima che cadesse il governo di Mario Draghi e fosse fissata la data delle elezioni. Coincidenza sfortunata ma era prevedibile che un simile film avrebbe suscitato polemiche. Ieri, poi, il regista Mark Cousins ne ha approfittato per rilasciare una serie di dichiarazioni che hanno reso il danno irreparabile. Solita roba: destra pericolosa, Meloni pericolosa, pericoloso preferire la Croce all'Arcobaleno LGBTQ e altre lezioni di vita fuori luogo. Possiamo interpretare la vicenda come ennesima testimonianza del conformismo di una parte del mondo della cultura, quella schierata con il Bene, la sinistra del politicamente corretto. Per questo non stupisce che il docu-film, nel centenario della Marcia su Roma, vada a parare proprio là dove sarebbe stato meglio evitare, facendo irruzione in una campagna elettorale nella quale la sinistra è già cascata nel suo vizio principale: delegittimare l'avversario con l'esplicita accusa di fascismo e la sottintesa accusa di inferiorità «antropologica». Da settimane, intellettuali e artisti fanno a gara a chi grida più forte al ritorno delle camicie nere, incappando anche in errori da terza media. Ad esempio, Bernard-Henry Lévy aveva una tale fretta di tirare fuori il fascismo che, in un articolo su Repubblica, ha addirittura anticipato la data della Marcia su Roma al «22 ottobre». Sì certo, come no. Nessuno ha corretto lo strafalcione. L'articolo è andato dritto in prima pagina, suscitando, più che la preoccupazione per le sorti del mondo, le grasse risate dei lettori sui social network. Prima del filosofo francese, esperto un po' di tutto ma non di Storia, avevamo già sfogliato il campionario delle abituali sparate. Riassumiamo per sommi capi. Il fascismo eterno è uno stato d'animo, come la malinconia. La Meloni non è una vera donna, perché lo dicono... le femministe. Gli elettori del centrodestra sono ignoranti (invece i filosofi di riferimento della sinistra sono un pozzo di scienza, come abbiamo visto). Chiara Ferragni, famosa per essere famosa, si è indignata perché, a suo dire, nelle Marche, guidate da Fratelli d'Italia, è quasi impossibile abortire, quindi se la Meloni vincerà in tutto il Paese sarà difficile esercitare questo diritto. Già, ma la legge non è neppure in discussione, ha assicurato la Meloni. Le cantanti hanno innalzato un coro contro la leader di Fratelli d'Italia. Giorgia, Elodie, Loredana Bertè, Levante.

Abbiamo assistito anche a un dibattito sul problema della «devianza» dal quale abbiamo capito che gli intellettuali, tra i quali mettiamo anche Enrico Letta, non consultano il Vocabolario, forse perché sanno già tutto. Insomma, il solito film di serie B.

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