Le regole del nuovo Dpcm

Movida, stretta a metà: tocca ai Comuni decidere. Ristoranti chiusi alle 24 e palestre aperte (per ora)

Le regole del nuovo Dpcm

La montagna del Covid ha partorito il topolino di un lockdown leggero. Ma leggero leggero. Perché alla necessità di limitare le occasioni di assembramenti si è contrapposta la necessità opposta e contraria di non distruggere definitivamente l'economia e di salvaguardare il nostro stile di vita. Nessuno vuole tornare a considerare il divano il proprio domicilio.

Alle 21,40 di una domenica febbrile il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si presenta davanti alle telecamere, e gli italiani trattengono il fiato. Il premier - impeccabile vestito blu e mascherina chirurgica azzurrina - racconta agli italiani il nuovo Dpcm, quello che disegna la nostra vita dei prossimi giorni (più lontano non si va, qui si naviga a vista), al termine di una giornata di trattative, un lunghissimo vertice tra governo, Cts e Regioni, scandita dalle voci e dalle ipotesi, in un clima di incertezza e suspense al quale hanno contribuito anche le brutte notizie recate alle 17 dal bollettino quotidiano dei contagi.

Alla fine i sacrifici richiesti agli italiani non sono poi molti. I ristoranti chiuderanno a mezzanotte, i bar e i pub pure ma non potranno vendere alcol da asporto dopo le 18, non ci potranno essere più di sei persone sedute a ogni tavolo e ci sarà un numero massimo di persone che il gestore dovrà comunicare in un cartello esposto all'esterno. Cene a numero chiuso. Gli orari potranno essere anticipati alle 23 o anche alle 22 su base locale, nelle zone «rosse». Non ci saranno più sagre e fiere. Le palestre e le piscine resteranno aperte ma in libertà vigilata. Conte ha annunciato una settimana-cuscinetto in cui i gestori dovranno adeguare i locali alle disposizioni visto che, dice il premier, giungono voci di palestre fuori norma. Sul tema c'è stato scontro tra le Regioni e il ministro dello Sport aperturisti e Palazzo Chigi rigorista. Alla fine il valore sociale e sanitario degli allenamenti e gli investimenti fatti dalle aziende nei mesi scorsi per adeguare le strutture alle nuove norme hanno consigliato il compromesso. Niente da fare invece per gli sport di squadra di base. Per la scuola è stata privilegiata l'attività in presenza ma con l'utilizzo per le lezioni anche di turni pomeridiani e con il suono della campanella comunque non prima delle 9 per alleggerire l'ora di punta dei trasporti pubblici. Ancora: il Dpcm impone alla pubblica amministrazione lo smart working al 75 per cento e suggerisce (non potendo obbligare) lo stesso anche ai privati.

I sindaci potranno chiudere al pubblico alle 21 vie o piazze a rischio assembramento. Una sorta di coprifuoco locale che non piace ai primi cittadini che non vorrebbero intestarsi scelte impopolari.

Il dettaglio è nelle schede qui sotto. Ma resta l'impressione di un maxi compromesso con il quale si è voluto non scontentare nessuno. Ciò che probabilmente chiamerà nuove future strette. La stagione dei Dpcm è appena agli inizi.

Ma la vera verità è che l'Italia che si avvicina a questo mini-lockdown è meno motivata e coinvolta rispetto a sette mesi fa. Ci sarà bisogno di controlli severi. Se non funziona più la paura del contagio deve agire quella immortale di una multa salata.

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