Per Rupert Murdoch è stato forse il momento più imbarazzante (e costoso) della sua lunga carriera. Era dalla chiusura del suo tabloid britannico dalle uova d'oro, il News of the World, costretto a cessare le pubblicazioni nel luglio 2011, dopo lo scandalo delle intercettazioni fraudolente ai danni dei reali e di vip vari, che il magnate australiano non subiva un danno di immagine e finanziario così rilevante. Per la sua creatura preferita (e più redditizia), Fox News, si è trattato invece del momento peggiore dallo scandalo sessuale che vide coinvolto il fondatore dell'emittente, Roger Ailes, costretto alle dimissioni nel 2016. I 787,5 milioni di dollari che Murdoch ha acconsentito di pagare alla Dominion Voting Systems per evitare un processo che avrebbe potuto demolire ulteriormente la reputazione della sua all news sono un prezzo carissimo, per tentare di mantenere intatto l'ecosistema mediatico costruito dal 1996, quando Fox News iniziò le trasmissioni. I legali dell'emittente sono riusciti ad arginare una delle richieste più pressanti di Dominion.
Vale a dire, che Fox trasmettesse le scuse all'azienda produttrice delle macchinette elettorali, falsamente accusata di avere «spostato» nelle presidenziali del 2020 milioni di voti dall'urna di Trump a quella di Biden. Sarebbe stato impensabile per un'emittente che, come dimostrato dai tanti documenti, era ben consapevole di avere trasmesso e amplificato, facendole proprie, le false accuse di Trump. Ma, come candidamente ha ammesso la star di Fox, Tucker Carlson, le accuse di brogli sono una «follia», ma «i nostri spettatori sono brava gente e ci credono». Non è un caso che sull'emittente di Murdoch si sia parlato pochissimo del processo Dominion, costato sì centinaia di milioni di dollari, ma non in termini di audience. Il modello di business, l'ecosistema, non lo consente: lo spettatore tipo di Fox non vuole essere informato, ma confortato nella sua visione dell'America: un Paese sotto attacco da parte degli «altri». Siano essi i Democratici, gli immigrati latinos, i cinesi, o la complessità del mondo in quanto tale. Le comunicazioni durante le convulse giornate post elettorali del 2020 tra i vertici di Fox, compreso lo stesso Murdoch, rivelano il timore che il pubblico fidelizzato si rivolgesse altrove. Ai rivali conservatori di Newsmax, ad esempio, che videro crescere la loro audience dopo che Fox, facendo infuriare Trump, nella notte elettorale assegnò per prima, rispetto alle altre emittenti Usa, la decisiva Arizona a Joe Biden. Come sintetizzò uno dei producer dei programmi sotto accusa, ci voleva «rispetto» per un pubblico che «non vuole sentire parlare di transizione pacifica», perché «ha ancora speranza» nella vittoria di Trump.
Ora Fox, che ha all'orizzonte un'altra causa per diffamazione da 2,7 miliardi di dollari da parte della Smartmatic, altra azienda che fornisce tecnologia alle autorità elettorali negli Usa, è chiamata a decidere cosa fare del rapporto con il tycoon. Dopo il gelo degli ultimi mesi da parte di tutto l'universo Murdoch - il tabloid New York Post, all'indomani dell'annuncio della nuova corsa per la Casa Bianca ha titolato: «Il tizio della Florida ci riprova» - e i conseguenti attacchi di Trump sul suo social Truth, ultimamente c'è stato un riavvicinamento, con un'intervista in prime time all'ex presidente. Presto per capire se l'abbraccio che in passato ha portato enorme fortuna a entrambi, con un'identificazione quasi totale, possa ripetersi e con quali modalità.
Dopo il pesante cartellino giallo della causa con Dominion, Fox rischia troppo nell'abbracciare nuovamente la narrativa alternativa del tycoon, che si farà infuocata in vista del 2024. Allo stesso tempo, non può separarsene definitivamente, per non perdere i suoi spettatori «brava gente», che «credono» alla realtà proposta da Trump.
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