Un sole giaguaro a tenere l'aria a trenta gradi e due ore e mezza di funerale. Bottigliette d'acqua e svenimenti con la gente che non cadeva a terra solo perché non c'era spazio per farlo. Ma tutti quelli che c'erano volevano stare lì ad ogni costo. Dieci minuti di applausi all'ingresso del feretro e la folla che non defluiva dalla Chiesa degli artisti nemmeno a funzione conclusa: non volevano lasciarla andare. Ce l'ha fatta ad arrivare viva alla morte Michela Murgia. In tanti sensi e in tanti modi. Il suo funerale queer, il suo funerale politico ne è stata la perfetta dimostrazione.
Con l'amica scrittrice Chiara Valerio a spiegare dal pulpito che di Michela non si può parlare al passato e allora «ne parleremo al futuro», come fanno i bambini; e il cappellano della Rai, don Walter Insero intento a tenere insieme il cattolicesimo della prima Murgia e l'ultima Murgia della famiglia queer. Aiutato, in questo, dal messaggio giunto dal presidente della Cei, Cardinal Zuppi, per ricordare l'intellettuale scomparsa. I cori che intonano «Bella ciao» e i disturbatori a cantare «comunisti di m...» fuori dalla basilica, dove sono stati lasciati i fiori recisi inviati da istituzioni e gente comune (solo composizioni vegetali, con mirto, carciofi, peperoncini, limone, secondo le sue volontà). Le lacrime e l'ironia. I libri sventolati in aria con la foto di Michela sul retro di copertina e i ricordi degli amici. Roberto Saviano e Chiara Tagliaferri e poi Teresa Ciabatti, Paola Turci e Francesca Pascale, Paolo Virzì, Paolo Repetto, Sandro Veronesi, Lella Costa, la segretaria del Pd Elly Schlein che, protettiva, trascina per mano la compagna Paola Belloni. Arriva anche il leader di Sinistra, Nicola Fratoianni, spaesato e in camicia bianca. «È vero che i giornali di destra se la prendono con Murgia e Saviano perché sono loro a coprire un vuoto di rappresentanza di questa parte politica?» prova a chiedergli un cronista. Ma lui si limita a rispondere «non credo» e a parlare della grave perdita per la qualità della democrazia che la morte di Murgia rappresenta, «un'amica e una partigiana».
Il discorso più politico, fuori dalla chiesa, è quello di Saviano che confessa di essere «disperato» per la perdita dell'amica che per lui «c'è sempre stata anche quando gli altri non c'erano». Ma si dice anche preoccupato per la mancanza di un argine, da oggi, a «questi governi che stanno andando verso un buio di scelte autoritarie, lei sapeva che andavano disinnescate democraticamente». E prova rabbia perché «in questo Paese l'hanno considerata nemica politica».
Fa piangere e sorridere il discorso di Lella Costa dal pulpito, con quell'inconfondibile voce che le si arrampica su per le corde vocali: «Ho sentito di poter usare queste parole per Michela, perché come dice Romain Gary l'ironia è una dimostrazione di dignità». E poi Virzì che ricorda il loro primo incontro «come un combattimento, ma dal quale ne uscì un film (Tutta la vita davanti, ndr) di cui vado molto fiero».
E poi una folla di donne, un funerale al femminile. Uno strano funerale duro ma ironico, come la Murgia e come gli isolani tutti. Ed è dall'isola che è arrivato anche il fratello della scrittrice, Cristiano, assieme alla moglie e al resto della famiglia di sangue. A unirsi ai «figli dell'anima» e al marito di Michela, Lorenzo Terenzi, sposato in «articulo mortis» lo scorso 18 luglio, «altrimenti non lo avrebbero nemmeno lasciato entrare in ospedale per stare con me» spiegava amareggiata la scrittrice facendo riferimento alle sue battaglie civili. Aveva voluto tutti vestiti di bianco quel giorno.
Ieri era vestita di bianco Elly Schlein che a fine funzione, ritrascinandosi dietro la compagna, ha schivato i microfoni «non parlo, grazie». Però mandava baci alla folla. E dalla folla è partito anche qualche «Grazie». Grazie sì. Ma a Elly?
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