Durante il golpe militare di lunedì mattina in Myanmar, oltre al presidente Win Myint e Aung San Suu Kyi, sono stati arrestati un centinaio di esponenti di spicco - sia a livello nazionale, sia a livello regionale - della National Leaguefor Democracy (Nld) e diversi noti attivisti politici. Pur non avendo conferme ufficiali, sembrerebbe che molti siano stati rilasciati nella giornata di ieri. Alcuni, invece, si troverebbero agli arresti domiciliari. E altri, compresi Win Myint e Aung San Suu Kyi, sarebbero ancora detenuti dalle forze armate in un luogo che non è stato reso pubblico.
«Chiediamo la liberazione della nostra leader e di tutte le persone arrestate, il riconoscimento delle elezioni e di consentire al nuovo parlamento di riunirsi», ha scritto sul suo account personale May Win Myint, membro del Comitato centrale dell'Nld, che conosce molto bene la repressione del Tatmadaw - il potente esercito del Myanmar - e che ha passato sette anni nelle galere del Paese proprio per aver tentato di incontrare furtivamente la Suu Kyi, che anche all'epoca era agli arresti. Il timore del colpo di Stato era nell'aria e prevedibile. Da giorni, infatti, i militari, che in questi anni hanno mantenuto un enorme potere, controllando di fattola vita politica, sociale ed economica del Paese, avevano denunciato delle irregolarità alle ultime elezioni vinte in modo schiacciante dall'Nld con ben 396 dei 476 seggi in palio e aveva minacciato di «passare all'azione» se le accuse di brogli non fossero state considerate. E così hanno fatto. «Dopo le ripetute richieste inascoltate del Tatmadaw, la scelta dello stato di emergenza è stata inevitabile», ha detto Min Aung Hlaing, che da lunedì è al comando del Paese. E ha anche avvertito i media e la popolazione di nonpubblicare sui social media voci che potrebbero incitare a rivolte e causare instabilità, esortando tutti a «collaborare e a seguire lalegge». Mentre la Cina e gran parte dei Paesi dell'Asean (Association of South-East Asian Nations) hanno minimizzato la situazione, la condanna internazionale non si è fatta attendere. Il nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha definito la crisi «un attacco diretto alla transizione del Myanmarverso la democrazia». Da Bruxelles la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha condannato duramente il golpe in Myanmar e dal suo account Twitter ha chiesto «il rilascio degli arrestati e il ripristino del governo civile legittimo, nel rispetto della Costituzione del Paese e delle elezioni di novembre». In una nota anche la Farnesina ha scritto che «l'Italia condanna fermamente l'ondata di arresti in Myanmar e chiede l'immediato rilascio di Aung San Suu Kyi e di tutti i leader politici». Antonio Guterres, segretario generale dell'Onu - che ieri si è riunito per esaminare e discutere una risposta al colpo di Stato -, ha condannato fermamente l'arresto dei leader del governo civile nella ex-Birmaniae ha espresso «grave preoccupazione» per il passaggio di tutti i poteri all'esercito.
Intanto, però, militari non hanno perso tempo e ieri, durante la prima riunione, hanno già formato il nuovo governo, composto in gran parte da generali ed ex funzionari dell'esercito, insieme ad alcuni membri dell'Union Solidarity and
Development Party (Usdp), braccio politico delle stesse forze armate. La carica di ministro degli Esteri, una volta ricoperta da Aung SanSuu Kyi è stata assegnata a U Wunna Maung Lwin, un membro del Comitato centrale dell'Usdp.
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