In una piccola capanna, alcune vecchie radio collegate a dei pannelli solari intercettano le conversazioni dei nemici. La tensione è altissima. Negli ultimi mesi i combattimenti si sono fatti sempre più cruenti. L'aviazione ha bombardato alcuni villaggi civili e si temono altri attacchi. All'improvviso, dall'alto. Siamo in un campo segreto della guerriglia Karen, tra la fitta boscaglia della giungla del Myanmar orientale, dove va in scena l'altro volto della rivolta birmana contro la giunta militare.
La situazione si è infuocata dopo il golpe del febbraio 2021, da quando il capo di stato maggiore birmano Min Aung Hlaing ha rispedito in galera la controversa Aung San Suu Kyi e molti altri esponenti di spicco del suo partito, la National League for Democracy (Nld), vincitore delle ultime elezioni del 2020, spazzando via quella fragile democrazia che si stava instaurando nel Paese.
È proprio in queste zone - dove da oltre settant'anni i ribelli Karen, braccio armato di quella che è la terza etnia del Myanmar, combattono dapprima per l'indipendenza e poi per ottenere un proprio Stato federale che tuteli i loro interessi - che hanno trovato rifugio migliaia di dissidenti birmani, scappati dalle atrocità del Tatmadaw (l'esercito del Myanmar). Molti di loro sono giovanissimi. Hanno lasciato la loro vecchia vita alle spalle per arrivare in questo posto remoto, imparare a combattere e provare a riprendersi la loro libertà.
In mezzo a un spiazzo circondato dalla vegetazione spicca una ragazza. Cappellino nero in testa, mimetica d'ordinanza, scarponi e un M16 tra le mani. È l'unica donna del gruppo. Anche lei si sta addestrando sotto la guida di alcuni foreign fighters occidentali che da anni portano il loro supporto alla causa dei Karen. Si chiama May Phyu Soe, 37 anni. Arriva da Mandalay e prima di diventare una guerrigliera faceva l'avvocato. Ha lasciato tutto, compreso il marito e una figlia. «Ho sentito il dovere di farlo, non potevo più stare a guardare, dovevo entrare in azione», spiega in esclusiva a Il Giornale. «Ho partecipato alle manifestazioni contro il golpe nella mia città sin dall'inizio, ma ho visto subito che quel tipo di proteste non ci avrebbe portato a nulla. Eravamo disarmati contro un esercito che ci sparava ad altezza uomo per ucciderci tutti».
May Phyu Soe sembra molto determinata. «Sono venuta qui per combattere e vincere. Quando avremo sconfitto i militari birmani e tutti saremo liberi, comprese le numerose etnie che compongono il Myanmar, voglio riprendermi la mia vecchia vita e stare con la mia famiglia».
Non lontano si sentono dei colpi di arma da fuoco. Gli uomini del generale ribelle Nerdah Mya, figlio di Bo Mya, leggendario eroe della resistenza Karen scomparso nel 2006, oggi a capo del Kawthoolei Army, una nuova formazione armata che rifiuta il cessate il fuoco con la giunta militare, hanno assaltato una pattuglia del Tatmadaw mentre cercava di raggiungere una loro postazione. Nell'ultimo periodo, forte della situazione di caos nel Paese, dove in molte zone gruppi armati etnici e forze di difesa popolari stanno combattendo, portando a casa vittorie fino a qualche mese fa inaspettate, la guerriglia Karen ha conquistato diverse basi birmane.
Questo anche grazie al supporto dei dissidenti arrivati dalle città. Come Forty-one, così si fa chiamare questo ragazzo di appena 19 anni, che ha già partecipato a più scontri a fuoco. Studente universitario, anche lui arriva da Mandalay. «Sono venuto qui per combattere i militari birmani. Durante le manifestazioni hanno sparato ai miei fratelli e ad un mio caro amico», racconta mentre ci mostra alcune foto delle proteste che ha conservato sul cellulare. «La mia vita era serena, facevo tutto quello che facevano i ragazzi della mia età.
Ora è dura, ma dopo il colpo di Stato e le cose che ho visto, non potevo rimanere a casa. Per questo sono felice di essere qua e combattere l'ingiustizia insieme ai Karen, che hanno esperienza e ci stanno aiutando a riconquistare la libertà del Myanmar».
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