Tracciamento dei casi, isolamento dei contagiati, task force di esperti. A sentire queste notizie non possiamo che tornare con la mente al febbraio del 2020. Allora per il Covid, oggi per il vaiolo delle scimmie.
Professor Carlo Federico Perno, direttore di Microbiologia al Bambin Gesù, dobbiamo spaventarci?
«Diciamo per prima cosa che il vaiolo delle scimmie (che non è il vaiolo umano) non ha nulla a che vedere con la gravità e la contagiosità del Covid. Non ci deve impressionare sentire che sia stata istituita una task force, è accaduto più volte, anche in passato per la Sars. Detto questo, la situazione va contenuta prima che esploda».
Però anche il questo caso si tratta di un virus che dall'animale è passato all'uomo, come accaduto per il Covid.
«Si ma non possiamo ancora dire che abbia fatto il salto di specie. Non è ancora diventato umano, anche se passa da uomo a uomo. Ci sono ancora troppi pochi casi per capire cosa stia accadendo. Certo, è fondamentale capire come sia passato dalla scimmia all'uomo. Alcuni virus si adattano all'uomo e sopravvivono, altri muoiono come accaduto per la Sars nel 2003».
In che caso ci dovremmo preoccupare?
«Se dovessimo scoprire che questo virus si trasmette tramite il respiro, allora avremmo un bel problema. Ma al momento pare non sia così. Perchè passi da un individuo all'altro, il virus ha bisogno di una carica molto alta. Per questo è molto più probabile che si trasmetta durante i rapporti sessuali tra uomini, attraverso sangue e fluidi corporei. Finchè è così, è facilmente circoscrivibile».
Il fatto che il virus abbia una carica virale bassa rende più facile spezzare la catena dei contagi?
«Sì. Il vaiolo è un virus stabile, al contrario di Covid, epatite e Hiv. La possibilità che si trasformi è inferiore, per ora non rappresenta un pericolo».
Perchè allora questo clima di «attenzione alta»?
«Perchè in un soggetto immunodepresso anche un virus a basso rischio può diventare pericoloso. Per questo ha senso contenere i contagi: più gente si infetta, più c'è la possibilità che si verifichino casi gravi nei pazienti fragili».
È un problema il fatto che i nati dopo il 1981 non siano vaccinati contro il vaiolo?
«A meno che tutto non si trasformi in un'epidemia, non arriveremo mai a dire che tutti si debbano vaccinare. Per altro, in questo caso i più 'anziani' sono quelli più protetti perchè hanno ricevuto a loro tempo gli anticorpi grazie al vaccino».
L'infettivologo Matteo Bassetti è convinto che nei prossimi giorni ci troveremo a contare migliaia di casi. Cosa ne pensa?
«Non è possibile dirlo. Piuttosto, possono esserci dei cluster sparsi che si spegneranno da soli. I casi che stiamo verificando in questi giorni non devono essere considerati un campanello d'allarme, ma solo un campanello. Tuttavia è giusto capire la causa di questi contagi, proprio perchè sono sparsi e slegati tra di loro».
Ci stiamo allarmando eccessivamente, come qualche settimana fa per le epatiti infantili?
«I
casi di epatiti tra i bambini non sapevamo, e non sappiamo ancora, cosa siano realmente. Del vaiolo delle scimmie invece sappiamo tutto, è un virus che conosciamo bene. E se dovesse servire abbiamo anche farmaci e vaccino».
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