Via libera del Senato e della Camera alla risoluzione di maggioranza sulla Nota di aggiornamento al Def. Montecitorio ha approvato con 224 voti favorevoli e 127 contrari. Palazzo Madama ha dato l'ok con 111 voti favorevoli e 69 contrari. I testi, sostanzialmente identici e firmati dai capigruppo, impegnano innanzitutto il governo a «conseguire i saldi programmatici del bilancio dello Stato e quelli di finanza pubblica in termini di indebitamento netto/Pil, nonché il rapporto programmatico debito/Pil, nei termini e nel periodo di riferimento indicati nella Nadef 2023». In pratica, si è dato il via libera allo scostamento di bilancio di 15,7 miliardi per l'anno prossimo al fine di garantire le coperture per la conferma del taglio del cuneo fiscale, l'accorpamento delle aliquote Irpef più basse (quella al 23% viene estesa fino a 28mila euro) e il rinnovo dei contratti della Pa, in particolare quelli della sanità. La legge di Bilancio andrà in Consiglio dei ministri lunedì insieme al Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles e al decreto fiscale collegato. Previsto l'avvio della global minimum tax, la nuova imposta per i gruppi multinazionali di imprese, che scatterà dal primo gennaio in attuazione di una direttiva europea e che potrebbe garantire un gettito stimato intorno ai 2-3 miliardi.
«Vedranno che abbiamo fatto una legge di bilancio dove l'unica cosa che abbiamo fatto in extra deficit - a parte l'Ucraina e quello che non dipende da noi - è esattamente la conferma del taglio del cuneo contributivo», ha commentato il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti interpellato sui dubbi del Fondo monetario internazionale e anche su quelli di Fitch secondo cui i nuovi target di bilancio «rappresentano un significativo allentamento della politica fiscale rispetto agli obiettivi precedenti». «L'Fmi fa le direttive ai governi, io ho a che fare con il Parlamento e soprattutto con la gente e con le famiglie che in qualche modo stanno soffrendo. Non è che posso ignorarlo», ha detto Giorgetti.
Come al solito il centrosinistra si è presentato in ordine sparso sui punti politici dirimenti. Non a caso il senatore del fu Terzo Polo, Enrico Borghi, ha rintuzzato i suoi «ex» alleati. «Sulle spese militari, gli M5s non calcolano i rischi: dalla rottura dell'equilibrio geopolitico alla perdita di credibilità in politica estera. O forse preferiscono avere Mosca e Teheran come interlocutori? Che farà il Pd su questa logica peace and love?», ha detto. Nessuna replica tranne l'invito del segretario Elly Schlein ad andare «tutti in piazza l'11 novembre», chiaro sintomo della deriva presa dai dem.
Nel frattempo, si agitano questioni ben più pressanti nel panorama economico. Domani il Cnel pubblicherà il suo parere sulla questione salario minimo. La questione divide gli esperti, ma Confcommercio ha già una propria posizione.
La vicepresidente Donatella Prampolini ha ribadito che «il contratto del terziario prevede già trattamenti economici complessivi ben oltre la soglia dei 9 euro», mentre «facciamo fatica a trovare lavoratori»: nel turismo e nel commercio mancano, rispetto al 2022, circa 480mila lavoratori». Un chiaro segnale del fallimento del reddito grillino e delle politiche attive.
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