Natalia morta d'infarto davanti ai suoi due figli dopo trenta ore di fuga

Si è presa carico della speranza di tutta la sua famiglia, Natalia Kretova, 45 anni. Il tempo dell'ultimo gradino, poi si è accasciata, svenuta.

Natalia morta d'infarto davanti ai suoi due figli dopo trenta ore di fuga

L' ultimo passo giù dal predellino serviva a calpestare la terra della salvezza. E c'era arrivata, l'aveva fatto quel passo sull'asfalto amico di Roma, piazzale XII Ottobre. Trenta ore di viaggio in pullman da Cerkase, vicino la Bielorussa, tenendosi attaccati i figli di dieci e undici anni terrorizzati, qualche sacchetto annodato, un trolley, i vestiti cacciati addosso a strati: che poi, cosa si indossa per non tornare? Il marito rimasto al fronte e tutto il resto lasciato là, in Ucraina. «Euro Tour» c'era scritto sulla fiancata del mezzo: un marchio che era una destinazione. «Costretti» a salvarsi, andandosene verso chissà cosa, ma comunque andandosene. Si è presa carico della speranza di tutta la sua famiglia, Natalia Kretova, 45 anni: la sua, quella dei suoi due figli, quella del marito, che li voleva al sicuro lontano dalle bombe. Lui era rimasto a prendersele, ma loro dovevano mettersi al riparo. E ce l'aveva fatta Natalia. Erano arrivati a Roma verso le otto del mattino. Dai che si scende. Prima i bambini, poi lei, che si era fermata sul predellino per salutare con la mano i connazionali che attendevano nel piazzale. Il tempo dell'ultimo gradino, poi si è accasciata, svenuta.

Le grida dei suoi bambini hanno iniziato a squarciare l'aria. La gente, l'ambulanza, i soccorsi, le manovre per cercare di rianimarla: cinque minuti, dieci minuti, un quarto d'ora, venti minuti, venticinque minuti, mezz'ora di tentativi... E poi la resa. Un infarto, Natalia è morta alle 8.40. Dopo aver schivato i bombardamenti per tre, dopo essere scappata per tre, aver passato i confini in tre, dopo il viaggio di trenta ore, sempre in tre. È arrivata a Roma ed è morta sull'asfalto, appena scesa dal pullman. Quei due bambini... Terrorizzati, urlanti e dilaniati. Li ha messi in salvo la mamma, appena in tempo. Tra la loro roba scaricata dal portellone, delle medicine per l'ipertensione e poco altro. Che è tutto ciò con cui restano quei due bambini, portati in una struttura di accoglienza a Castel Gandolfo, ai Castelli Romani, dove vive anche una suora che viaggiava con loro e che in queste settimane sta facendo la spola tra l'Italia e l'Ucraina per aiutare le famiglie. O quel che delle famiglie ne resta.

Quei due bambini... E quell'asfalto, che gli ha messo la vita sottosopra, perfino più di tutto il resto. In terra straniera soli. Senza più la mamma da tirare su nelle narici per sentirsi a casa ovunque. Quei due bambini...

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