Una escalation di violenza che partiva dalle estorsioni e passava per l'usura. Erano le armi del clan della 'ndrangheta di Desio (in Brianza), ramificato fino alle coste del Ponente ligure, che mirava a mettere le mani sulle quote societarie di alberghi messi in ginocchio dalla crisi e voleva a tutti i costi l'hotel del Golfo, a Finale Ligure.
Gli investigatori coordinati dalla Dda di Milano, dopo un anno di indagini, su disposizione del gip Guido Salvini, hanno arrestato Alfonso Pio, 53 anni, figlio di Domenico Pio, considerato il capo clan della locale della cittadina brianzola, già coinvolto nella maxi operazione «Crimine Infinito» e con lui gli emissari Ezio Scirea, ex promotore della Banca Mediolanum, e Omar Petrocca, insieme a Francis Kelemen, romeno. Sequestrate anche quote societarie. L'attività investigativa del Servizio polizia postale ha dimostrato il tentativo da parte delle famiglie mafiose di mettere le mani, con estorsioni e poi prestando denaro, su realtà imprenditoriali in crisi, mediante iniezione di capitali «freschi» e l'utilizzo di metodi intimidatori. In Romania gli interessi dalla 'ndrangheta si allargavano per riciclare i proventi delle scommesse online ed proprio da un'indagine per frode fiscale nell'Est Europeo che questa operazione ha preso le mosse. La vicenda dell'Hotel del Golfo comincia con un'estorsione da 450 euro al mese, riscattata da Alfonso Pio, che pian piano diventa padrone dell'albergo. Alla reception quando gli vengono chiesti i documenti risponde: «Ma lei come si permette? Sa che le quote qua sono mie?». Grazie alla crisi economica, che aveva colpito la struttura, Pio riesce a inserirsi nell'amministrazione, minacciando uno dei soci per non farlo presenziare alle riunioni e far cadere così il numero legale. Poi offre un prestito che chiede venga restituito con le stesse quote societarie. «Non posso venire, tengo famiglia», si dispera intercettato uno dei soci che ammette di avere a che fare «con gente pericolosa». «Quando verranno a chiedermi della bancarotta, dirò che avevo i mafiosi alle spalle che mi premevano» aggiunge. E a un altro dipendente della struttura dice: «Parla piano, sto arrivando: ti taglio la testa». Proprio in hotel la sua compagna viveva nella suite in pianta stabile anche d'inverno.
L'appoggio nel Ponente ligure serviva al boss per continuare la sua attività nella vicina Montecarlo, dove era residente e ufficialmente «accompagnava ricchi clienti nel casinò». La famiglia Pio ha tratti di una 'ndrangheta «spaccona». Alfonso abita a Montecarlo e ha una moglie e una compagna di origini dell'Est e il figlio, D.A., si fa riprendere in diversi video dove viene addestrato a sparare e poi li usa come strumento di intimidazione. C'è poi Carmelo, il fratello di Alfonso, insignito del ruolo di capo-società che per il compleanno dei 40 anni si fa preparare una torta con il numero «40» formato da pallottole, corredata da una pistola, soldi e il volto dell'attore americano Al Pacino nel film Scarface. Del resto la filosofia della famiglia è chiara.
«Solo io sono un uomo d'onore, come me non ce n'è, io non ho mai tradito nella mia vita», dice Alfonso prendendo la distanza dai «pentiti di merda» e, intercettato, si sente che si rammarica perché il padre divide con loro il carcere.
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