Nel M5S non una, ma due scissioni. Il leader? Pizzarotti

Sarebbero addirittura due le fronde interne al Movimento 5 Stelle. 25 i deputati pronti ad abbandonare Luigi Di Maio. Ma serve un leader. Che potrebbe essere il sindaco di Parma, l'ex grillino Federico Pizzarotti

Nel M5S non una, ma due scissioni. Il leader? Pizzarotti

Uno vale uno. Lo storico slogan dei 5 Stelle ben si adatta a descrivere la situazione dentro il Movimento, non più compatto dopo la nascita del governo giallorosso. Una trentina i deputati pentastellati che fanno la guerra a Luigi Di Maio. Le ragioni della rivolta sono sostanzialmente due. Da un lato l'alleanza con il Pd, mai digerita dai parlamentari dissidenti. Dall'altro gli eccessivi poteri del capo politico, contestati pubblicamente con la presentazione della Carta di Firenze. Ora, però, la situazione si complica. Perché i frondisti grillini, spiega La Stampa, sarebbero divisi in due gruppi. Tutti concordi sulla necessità, ormai inderogabile, di fare qualcosa per contrastare l'egemonia di Giggino e dei suoi fedelissimi. Due le cene organizzate a Roma per fare il punto della situazione. 12 commensali di qua, 13 di là: in tutto, 25 deputati pronti a formare un gruppo autonomo alla Camera. La bomba poteva saltare già sul ddl taglia-poltrone. Ma non è successo. 11 onorevoli hanno preferito assentarsi, gli altri hanno votato sì. Ha vinto il senso di responsabilità. Ma secondo i ben informati sarebbe solo questione di tempo. Poche settimane. I frondisti si stanno già organizzando. La (doppia) cospirazione, come nella migliore tradizione italica, nasce a tavola. Due cene, in una casa privata e al ristorante. Entrambe a Roma. Con un filo conduttore: lasciare il M5S. Per sempre.

Ma serve un leader. Ed ecco spuntare il nome di una vecchia conoscenza pentastellata: Federico Pizzarotti. Il sindaco di Parma, dopo essere stato espulso da Beppe Grillo, ha fondato Italia in Comune. Ha ambizioni di leadership. La provincia comincia a stargli stretta. Nonostante la sua presa di distanza dal Movimento, è da luglio che si tiene in contatto con i dissidenti. La disponibilità c'è, a patto di avere i numeri per la formazione di un gruppo autonomo alla Camera. Servono 20 deputati. Una trentina gli onorevoli di Montecitorio pronti a fare le valige. Ma un conto è accarezzare l'ipotesi, un altro è metterla in pratica. Come si è visto martedì in occasione del voto per la riduzione delle poltrone. Per ora il Movimento tiene, ma la frattura è dietro l'angolo. (Quasi) inevitabile. Lo sa bene il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà: "Io credo che la riforma passerà. Nel caso in cui non ci fosse un esito favorevole oggi ne prenderemo le dovute conseguenze.

Per quel che mi riguarda dovremo assolutamente fare una riflessione interna". La stessa che stanno facendo i frondisti. Divisi in due gruppi, ma concordi sul fatto di voler lasciare la casa pentastellata. Ormai la fuga s'ha da fare.

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