«Nessun ritardo. Abbiamo un piano strategico per centrare gli obiettivi. È importante fare le cose velocemente, ma bisogna farle bene, senza fretta perché poi c'è il rischio di dover correggere molte cose».
Raffaele Fitto, nella sua qualità di ministro per gli Affari europei, per le politiche di coesione e per il Pnrr, riunisce a Palazzo Chigi la cabina di regia sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Una sorta di convocazione plenaria che lo vede confrontarsi praticamente con l'intero governo visto che sono presenti i ministri Zangrillo, Casellati, Calderoli, Musumeci, Nordio, Urso, Lollobrigida, Pichetto Fratin, Bernini, Valditara, Sangiuliano, Santanché e il sottosegretario Alessio Butti, oltre al governatore Attilio Fontana, Michele Pascale, presidente dell'Upi e il presidente dell'Anci, Antonio Decaro.
«Non c'è nessun ritardo, siamo assolutamente nei tempi previsti dall'Europa», sgombra subito il campo Fitto, in una sua (rara) conferenza stampa. «Quando si parla dell'Italia e dei suoi ritardi andrebbero comparati col resto d'Europa per capire la complessità del Piano. Forse valorizzeremmo gli sforzi che stiamo facendo». Il tutto mentre tengono banco le polemiche con la Corte dei Conti. Il motivo del contendere è un emendamento dell'esecutivo al Dl Pa - annunciato in apertura di seduta da Walter Rizzetto, presidente della commissione Lavoro della Camera - che esclude i magistrati contabili dal controllo sugli obiettivi del Piano così da semplificare le procedure. Fitto spiega però che non c'è «alcuno scontro» con i giudici che oggi saranno ricevuti per un incontro-confronto a palazzo Chigi, ma che il governo segue la legge.
Sul tema del rapporto con la Corte dei Conti «ho ascoltato dichiarazioni forti di cui ho preso atto ma non ho da rispondere perché rispondono i fatti. Lo scontro si fa in due, io sfido chiunque a trovare una sola parola nella posizione del Governo o anche in una mia dichiarazione che sia andata contro la Corte dei Conti. Non lo avrei mai fatto e non lo ha fatto mai nessuno». La norma che interviene contro la «paura della firma non riguarda il Governo Meloni ma è stata decisa dal Governo Conte e si trova nel decreto 76 del 2020. Noi stiamo prorogando una norma decisa dal Governo Conte e prorogata dal Governo Draghi». L'opposizione tiene comunque alta la polemica. «È inaccettabile» dice Matteo Richetti, capogruppo di Italia Viva. «Non solo non sanno come spendere i soldi del Pnrr, ma non vogliono essere disturbati».
Sul fronte del rapporto con la Commissione europea il ministro spiega che sulla terza rata del Pnrr «il governo ha completato il lavoro raggiungendo i 55 obiettivi inviandoli a Bruxelles. Poi è iniziata una fase di verifica: siamo nella fase finale». Non esiste un caso Italia, insomma. «Al momento, solo cinque Paesi europei hanno presentato le modifiche del Piano con il RePower: questo dà l'idea che siamo nei termini, che sono quelli del 31 agosto, come la Commissione ha più volte sottolineato» prosegue il ministro. «È altrettanto importante sottolineare il fatto che la complessità del lavoro della modifica del nostro Piano è certamente differente rispetto ad altri Paesi».
Di certo, come chiarisce Giorgia Meloni, non c'è alcuna volontà di percorrere scorciatoie o di lavorare a una versione ridotta del Piano.
«Il nostro obiettivo è chiaro: ottimizzare al meglio l'occasione del Pnrr compiendo scelte strategiche, chiare ed efficaci, velocizzando al massimo le procedure e garantendo che le risorse possano arrivare a terra. Il Piano è uno strumento cruciale per la crescita, l'innovazione e lo sviluppo dell'Italia».
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