Netanyahu all'Iran: «Non ci distruggerete»

«Dopo tre giorni qui ad ascoltare i leader del mondo lodare l'accordo sull'Iran, vi dico: non siate così entusiasti». Benché l'intesa siglata da sei potenze internazionali, tra cui gli Stati Uniti, sia oramai un dato di fatto e sia considerata uno dei maggiori successi dell'Amministrazione Obama in politica estera, Benjamin Netanyahu non smette di essere la voce contro. Il premier, che ha puntellato la sua lunga arringa davanti all'Assemblea generale dell'Onu con pause drammatiche, non ha mancato ieri di fare il legame tra quello che considera un cattivo accordo sul programma nucleare iraniano e la questione più dibattuta in questi giorni fuori e dentro Palazzo di Vetro: il conflitto in Siria. «Quest'intesa - ha detto - non rende la pace più probabile, rende la guerra più probabile», ha dichiarato prima di ricordare come l'Iran abbia «soltanto negli ultimi sei mesi» «aumentato la fornitura di armi devastanti alla Siria», inviato uomini armati, «sostenuto il brutale regime di Assad».

Per Netanyahu, l'accordo internazionale siglato pochi mesi fa non obbligherebbe Teheran a comportamenti diversi sullo scacchiere mediorientale e il premier anzi accusa la Repubblica degli ayatollah di azioni sempre più aggressive: «I vostri piani per distruggere Israele falliranno». Sulla Siria, una frase di Netanyahu riassume l'intera strategia israeliana nella sua opposizione all'Iran: «Israele continuerà a rispondere a ogni attacco dalla Siria e continuerà a fermare il trasferimento di armi attraverso la Siria a Hezbollah», le milizie sciite alleate di Teheran che, dal vicino Libano, hanno combattuto una guerra contro Israele nel 2006.

Soltanto dopo lunghi minuti dedicati alla sua strenua opposizione all'intesa nucleare e dopo aver dichiarato che, non avendo potuto evitare la firma di un accordo, Israele «controllerà da vicino» che l'intesa non sia violata, il primo ministro ha menzionato per la prima volta il conflitto con i palestinesi e risposto a quello che ha detto Abu Mazen giovedì. Il presidente palestinese ha aggiunto nuova tensione all'annoso conflitto senza però arrivare a un punto di rottura quando dal podio delle Nazioni Unite ha detto che i palestinesi non si sentono più legati ai precedenti accordi con Israele perché, ha spiegato, Israele non li rispetta con la protratta costruzione di insediamenti in Cisgiordania. Nello specifico il riferimento era agli accordi di Oslo su cui si basa il processo di pace e che hanno dato vita all'Autorità nazionale palestinese e alla limitata autonomia di governo nei Territori.

Da anni, il raìs minaccia la dissoluzione dell'Autorità e di fatto la fine della cooperazione in materia di sicurezza con gli israeliani.

Netanyahu ha dichiarato ieri di essere pronto a tornare immediatamente al tavolo del negoziato senza precondizioni - ha poi citato la demilitarizzazione di una futura nazione palestinese e il riconoscimento da parte palestinese di Israele come Stato ebraico - di essere impegnato per la realizzazione di due Stati in pace: «Sfortunatamente Abbas ha detto ieri di non essere pronto, spero che cambi idea». I palestinesi chiedono che prima di sedersi al tavolo delle trattative Israele congeli la costruzione di insediamenti nei Territori e a Gerusalemme Est.

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