Gerusalemme «Gevalt»: chi conosce questa parola? E' diventata il distintivo delle ultime ore della campagna di Benjamin Netanayhu a poche ore dalle lezioni che si svolgono oggi. Vuol dire «aiuto» in Yiddish, la lingua degli ebrei dell'Europa Orientale: la si usa lamentosamente, con gli occhi al cielo. Nelle ultime, superdrammatiche ore di ieri Netanyahu ha deciso che, come nel 2015 un finale di campagna tutto «gevalt» gli fornì 30 seggi contro i 24 della sinistra guidata da Tzippi Livni, così adesso un colpo di speroni allarmistico alle forze di destra può dargli quella spinta che gli manca per riconquistare il ruolo di Primo Ministro per la quinta volta. Se ce la farà, sarà una conquista che lo renderà il primo ministro più longevo della storia di Israele.
La scelta di Netanyahu ha irritato soprattutto i piccoli partiti di destra, perchè la sua richiesta è stata, urbi et orbi, di abbandonare i partiti che potrebbero schierarsi al suo fianco in un eventuale governo di destra, e di votare tutti quanti per il Likud, di cui è il capo. Per il momento i sondaggi lo danno in maniera ondivaga su e giù in un'altalena intorno ai trenta seggi col suo antagonista, l'ex capo di Stato Maggiore Benny Ganz, capo di «Blu e bianco», moderatamente di sinistra, comunque anti Netanyahu. Fino ad ora le previsioni dicono però che la destra dovrebbe superare di gran lunga i 61 seggi necessari, arrivando fino a 67, mentre gli altri si fermerebbero a 53.
Ma Netanyahu non si fida: prima di tutto, come ha detto in una registrazione rubata, pensa che il presidente della Repubblica Rivlin non aspetti altro che dare il mandato a Ganz solo che risulti primo, non importa quanti voti avrebbe una sua coalizione. E in secondo luogo Bibi si fida solo del Likud. Infatti qualcuno dei partiti di destra può sparire non superando il 3,5 per cento necessario, per esempio quello di destra di Naftali Bennet; qualcuno può fare all'improvviso un accordo con Ganz; qualcuno può porgli condizioni impossibili come Moshe Feiglin, un bizzarro superdestro in politica economica (fino all'eliminazione dell'assicurazione nazionale) e supersinistro nella liberalizzazione della maryuana... insomma votate solo Likud, ha detto Netanyahu. É del tutto evidente che questa strategia non è priva di rischi, dal momento che può privarlo di partner fondamentali per arrivare a formare il governo di destra. Per attrarre in modo definitivo gli abitanti dei territori, che votano appunto per i partitini che Netanyahu vuole adesso inglobare, Bibi si è avventurato nella promessa di annessione, che già si ventila da anni e a cui pochi credono davvero, perchè dipende da molti fattori internazionali: fra questo, il più importante il misterioso piano di Trump, un amico così importante che difficilmente Bibi può pensare di dirgli no se gli chiederà un sacrificio. Solo ieri ha messo la Guardie della Rivoluzione Islamica Iraniana nella lista delle organizzazioni terroriste, un gesto importante per Israele.
C'è un altro elemento avventuroso nel «gevalt» di Netanyahu: può darsi che la mancanza di sufficienti interlocutori a destra costringa le due maggiori forze antagoniste a un governo di coalizione, con un clamoroso «scordiamoci il passato» degli insulti mortali di queste settimane. Questo potrebbe avere una sua utilità per il Primo Ministro, se sarà Bibi che potrebbe rallentare la questione delle eventuali incriminazioni.
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