Si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo aveva usato e ciò ha scatenato l'azione omicida».
Con queste motivazioni i giudici della Corte d'Assise di Busto Arsizio, presieduta dal giudice Giuseppe Fazio, hanno salvato Davide Fontana, bancario e food blogger di 44 anni, dall'ergastolo. L'imputato dovrà scontare 30 anni di prigione, ma non il carcere a vita. Il pm, invece, aveva chiesto l'ergastolo con due anni di isolamento diurno per omicidio volontario aggravato, distruzione e occultamento di cadavere. L'uomo l'11 gennaio 2022, durante le riprese di un video hard, ha ucciso a martellate la 26enne, mamma di un bambino di sei. Uno di questi colpi era stato inferto con particolare violenza alla gola. Il delitto era avvenuto Rescaldina, nel Milanese. Poi, con una freddezza disarmate, il 44enne ha fatto a pezzi il corpo e lo ha tenuto per settimane all'interno di un freezer, ordinato su Amazon. Non soddisfatto, ha provato a bruciarlo con un barbecue per poi gettarlo in un burrone nel Bresciano. Il cadavere è stato scoperto per caso, grazie a un passante, che a fine marzo ha notato quei sacchi dell'immondizia già dal dirupo. Per tutto il tempo l'assassino aveva tenuto il telefono della donna mandando messaggi al suo posto.
I giudici, però, hanno escluso per il bancario sia la premeditazione che le aggravanti dei motivi futili o abietti e della crudeltà, almeno «in senso giuridico».
La Corte è convinta che il movente non sia stato la gelosia, nonostante la ragazza avesse rapporti sessuali anche con altri uomini. Fontana a questi c'era sempre passato sopra, tanto che insieme a lei realizzava video hard postati su OnlyFans. Quello che invece non sopportava, era il fatto di sentirsi un oggetto per lei. Si era reso conto che ormai, dopo averlo in qualche misura usato, Maltesi si stava allontanando da lui e lo avrebbe scaricato per andare a vivere dal figlio a Verona.
«Perdere una persona dalla quale dipendeva, poiché gli aveva permesso di vincere la sostanziale solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere finalmente in modo diverso e gratificante, si è rivelata insopportabile», sostengono i consulenti psichiatrici e il perito, che hanno studiato la personalità del killer.
In senso tecnico-giuridico, quindi, non solo non c'è la premeditazione, ma non ci sarebbero secondo i magistrati i motivi futili e abietti che per la Cassazione sussistono quando l'azione criminosa «più che una causa determinante dell'evento» è «un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento». Per la Corte d'assise Fontana, compiuto l'omicidio, voleva liberarsi del cadavere definitivamente distruggendolo. Escludono quindi anche l'orrore del farlo a pezzi.
«Non si può fare il grave errore di desumere la crudeltà nel realizzare l'omicidio dalla raccapricciante, orripilante condotta successiva - spiegano - e in particolare dall'agghiacciante gestione del cadavere e dello spaventoso scempio fattone, che tanto orrore ha suscitato nell'opinione pubblica».
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